Che cosa è il Buddhismo - Prima conferenza (23 Settembre 1951)
Considero sia un grande privilegio per me essere tra di voi oggi ed avere l'opportunità di parlarvi di Che cosa è il Buddhismo. Come prima cosa voglio essere molto franco. Non ho mai frequentato alcuna università e la mia conoscenza scientifica è quella di una persona qualsiasi. Non sono uno studioso di teoria del Buddhismo, nè conosco il Pªii, la lingua in cui sono tramandati i Tipiîaka (letteralmente i Tre Recipienti del Buddha Dhamma). Posso comunque dire di aver letto in Birmano un certo numero di trattati sul Buddhismo scritti da ben noti e sapienti monaci Buddhisti.
Poichè il mio approccio al Buddhismo si fonda su mezzi più pratici che teorici, spero di potervi offrire qualcosa che non è facilmente reperibile altrove. Devo ammettere comunque che, per il momento, mi considero semplicemente uno studente del Buddhismo, che tramite l'esperienza pratica sta cercando di apprendere la verità sulla natura delle energie. E dato che devo fare tutto ciò quando i miei impegni di padre di famiglia e di funzionario governativo me lo permettono, il mio progresso è alquanto lento e non pretendo per un momento che tutto ciò che dico sia assolutamente corretto, potrei aver ragione o sbagliarmi. Ma vi assicuro che tutto ciò che dico è ispirato da una completa sincerità di intenti, e lo dico con le migliori intenzioni e con assoluta convinzione. Nel Kªlªma Sutta il Buddha disse: Non credete in ciò che avete udito, non credete in ciò che è stato tramandato come tradizione di generazione in generazione, non credete in qualcosa solo perchè molti ne parlano, non credete solo perchè vi viene presentato uno scritto di un antico saggio, non credete in ipotesi, non credete che sia Verità ciò a cui siete attaccati per forza di abitudine, non credete semplicemente all'autorità dei vostri maestri e anziani. Ma se dopo un'attenta analisi e osservazione, vi convincete che qualcosa è in accordo con la vostra ragione e porta al benessere per tutti e va a beneficio di tutti, allora accettate questa idea e comportatevi di conseguenza. Per cui vi prego di non credermi quando parlo di questioni filosofiche a meno che non vi siate convinti di ciò che dico o tramite un ragionamento logico o tramite la vostra esperienza personale.
Astenersi dal male.
Fare del bene.
Purificare la mente.
Questi sono gli Insegnamenti di tutti i Buddha.
Dhammapada verso 14
Questo insegnamento tratto dal Dhammapada offre concisamente l'essenza del Buddhismo in maniera molto concisa. Sembra semplice, ma è così difficile da mettere in pratica. Non si può essere veri Buddhisti se non si mette in pratica l'Insegnamento del Buddha. Il Buddha disse: Voi, a cui sono state esposte le verità che io stesso ho sperimentato, fatele realmente vostre, mettetele in pratica, meditateci sopra e diffondetele, affinchè questa pura dottrina possa durare a lungo e possa essere tramandata per il bene, il profitto e il benessere di dei e uomini. Prima di cominciare ad esporre gli Insegnamenti del Buddha, che formano la base del Buddhismo, propongo di cominciare con la storia della vita del Buddha Gotama. A questo proposito, penso sia mia dovere darvi un'esposizione di alcuni concetti del Buddhismo che potrebbero essere inusuali per voi, per quanto riguarda la concezione Buddhista dell'Universo, del mondo e dei vari piani di esistenza. Certamente troverete che questi sono argomenti che fanno pensare. Vi prego comunque di ascoltarmi con pazienza e, per le vostre domande, di aspettare fino al momento della discussione.
L'Universo
Il concetto Buddhista di Universo può essere riassunto come segue: Vi è il Okªsa Loka (l'Universo dello Spazio), che contiene Nªma e Rûpa (mente e materia). In questo universo mondano, predominano Nªma e Rûpa che sono soggetti alla legge di Causa ed Effetto. Vi è poi il Saókhªra Loka (l'Universo delle Energie Mentali), creato e creatore. Questo è un piano mentale, che nasce come risultato delle energie creative della mente espresse attraverso azioni di tre tipi, fisico, verbale e mentale.
Il terzo e ultimo Universo è il Satta Loka (l'Universo degli Esseri Senzienti), visibili e invisibili, questi esseri sono il risultato di queste energie mentali. Sarebbe forse meglio chiamarli i tre Universi in Uno, poichè ognuno è inseparabile dagli altri. Essi si intrecciano e si compenetrano a vicenda. Ciò che vi interesserà di più sono i Cakkavªla o Sistemi Mondani, ognuno con i suoi trentuno piani di esistenza. Ogni sistema mondano corrisponde al Mondo Umano con il suo sistema solare e gli altri piani di esistenza. Esistono milioni e milioni di questi Sistemi Mondani, il loro numero è incalcolabile. I diecimila Sistemi più vicini al nostro sono all'interno del cosiddetto Jªti-khetta (campo di Origine) di un Buddha. Infatti, quando il Buddha pronunciò il famoso discorso detto Mahª-Samaya (che significa la Grande Occasione) nella foresta di Mahªvana, vicino alla città di Kapilavatthu, presenti ad ascoltare gli Insegnamenti del Buddha non c'erano solo i Brahmª e i Deva del nostro Sistema Mondano, ma anche quelli di tutti i diecimila Sistemi (del nostro campo di Origine).
Il Buddha può inviare le sue energie mentali, cariche di infinito amore e compassione, verso gli esseri senzienti di miliardi di questi Sistemi all'interno del cosiddetto Åôª-khetta (campo di Influenza). I rimanenti Sistemi rimangono nel Visaya-khetta (spazio infinito), fuori dalla portata delle energie mentali del Buddha. Da questi concetti Buddhisti potete farvi un'idea della dimensione totale dell'Universo. Pensare a quanto è insignificante il nostro mondo all'interno del Okªsa Loka (Universo dello Spazio) è semplicemente terrificante. Il Mondo Umano nella sua totalità è solo un granello di polvere nello spazio. Ora vi descriverò brevemente i trentuno piani di esistenza del nostro Sistema Mondano, che naturalmente sono gli stessi in qualsiasi altro Sistema.
Essi sono:
Arûpa Loka i Mondi
Immateriali dei Brahmª
Rûpa Loka i Mondi di Materia sottile dei Brahmª
Kªma Loka i Mondi Sensuali dei Deva, degli esseri umani e degli esseri
inferiori.
L'Arûpa Loka è formato da quattro mondi dei Brahmª in stato
immateriale, vale a dire senza Rûpa o materia. Il Rûpa Loka è
formato da sedici mondi dei Brahmª in uno stato di materia sottile. Il
Kªma Loka è formato da:
a) I Sei Deva Loka (o
Mondi Celesti):
i) Catumahªrªjika (Mondo dei Quattro Re Guardiani dei Punti Cardinali)
ii) Tªvatimsa (Mondo dei Trentatre)
iii) Yªma
iv) Tusita
v) Nimmªnaratï (coloro che si dilettano delle proprie creazioni)
vi) Paranimmita-vasavati (coloro che si dilettano delle creazioni altrui)
b) Il Mondo Umano
c) I Quattro Mondi Inferiori (Apªya):
i) Niraya (Inferno)
ii) Tiracchªna (Mondo animale)
iii) Peta (Mondo dei fantasmi)
iv) Asura (Mondo dei demoni)
Questi piani di esistenza sono puri o impuri, freddi o caldi, luminosi od oscuri, leggeri o pesanti, piacevoli o miseri, a seconda del tipo di energie mentali generate della Mente attraverso la volizione (cetªna) associata ad una serie di azioni, parole o pensieri. Per farvi un esempio, nel caso di un uomo religioso che diffonde per tutto l'universo amore infinito e compassione, le forze mentali da lui generate saranno pure, fresche, luminose, leggere e piacevoli, queste forze normalmente si dirigeranno verso i Mondi dei Brahmª. Prendiamo ora il caso opposto di un uomo che èinsoddisafatto o pieno di ira. Come il detto dice: Il viso riflette la mente, l'impurità, il calore, l'oscurità, la pesantezza e la bruttezza della sua mente vengono immediatamente riflesse e sono visibili anche ad occhio nudo. Questo è causato dalle energie mentali negative di Dosa (odio o ira) che si attestano nei piani di esistenza inferiori. Lo stesso accade con le forze mentali che sono prodotte da Lobha (avidità) e Moha (illusione). Nel caso di azioni meritorie come devozione, moralità e generosità, che hanno come base l'aspirazione ad un benessere futuro, le energie mentali generate si situeranno nei Mondi Celesti o in quello Umano. Questi, signore e signori, sono alcuni dei concetti Buddhisti importanti per comprendere la storia della vita del Buddha.
La preparazione per diventare un Buddha.
Il Buddha Gotama è il quarto dei cinque Buddha destinati a sorgere nel ciclo mondano che è chiamato un Bhadda Kappa che significa un ciclo mondano propizio. I suoi predecessori furono i Buddha Kakusanda, Koôªgamana e Kassapa. Ci sono stati innumerabili altri Buddha, che sorsero in cicli precedenti e che predicarono lo stesso Dhamma, che offre liberazione dalla sofferenza e dalla morte per tutti gli esseri che hanno maturato le necessarie qualità. Tutti i Buddha sono pieni di compassione, gloriosi e illuminati. Un eremita di nome Sumedha fu ispirato a tal punto dal Buddha Dïpaókara, che fece il voto di completare tutte le necessarie preparazioni per diventare un Buddha in futuro. Il Buddha Dïpaókara lo benedì e profetizzò che egli sarebbe diventato un Buddha con il nome di Gotama, dopo il passaggio di quattro periodi incalcolabili (Asaókheyya) e centomila cicli mondani (Kappa). Da quel momento, una vita dopo l'altra, il Bodhisatta (il futuro Buddha) conservò energie mentali dell'ordine più elevato attraverso la pratica delle dieci Pªramitª (o Pªramï, virtù indirizzate verso l'ottenimento della Perfezione):
(i) Dªna Pªramï
virtù della carità (o generosità)
(ii) Sïla Pªramï moralità
(iii) Nekkhamma Pªramï rinuncia
(iv) Paññª Pªramï saggezza
(v) Viriya Pªramï perseveranza o sforzo
(vi) Khanti Pªramï pazienza o tolleranza
(vii) Sacca Pªramï sincerità o veracità
(viii) Adiîîhªna Pªramï determinazione
(ix) Mettª Pªramï amore incondizionato e universale
(x) Upekkhª Pªramï equanimità
Diventare un Buddha è quindi un compito estremamente difficile. Solamente pensarci richiede un'estrema forza di volontà. Il periodo di preparazione del Bodhisatta terminò con la vita del re Vessantara, che superò ogni altro essere vivente in generosità. Egli diede via il suo regno, sua moglie e i suoi figli, e tutto ciò che possedeva per mantenere il solenne voto che aveva pronunciato di fronte al Buddha Dïpaókara. La sua successiva esistenza fu nel piano celeste dei Tusita, come il glorioso Deva Setaketu, fino a quando, una volta liberatosi da questo piano, fu concepito nel ventre di Mªyª Devï, la regina moglie del re Suddhodana di Kapilavatthu, nel moderno Nepal. All'avvicinarsi del parto, la regina espresse il desiderio di partorire presso i suoi genitori. Il re Suddhodana acconsentì e la fece accompagnare da un seguito di guardie. Durante il percorso, fecero una sosta nella foresta di Lumbinï. La regina scese dal suo palanchino per gustare la fresca brezza e il profumo dei fiori di shorea. Mentre stava allungando la sua mano destra per cogliere un fiore da un albero, improvvisamente e senza preavviso diede luce ad un figlio, quello che sarebbe diventato il Buddha completamente Illuminato. Nello stesso momento, l'ordine naturale del cosmo fu sconvolto sotto molti aspetti e si verificarono trentadue meraviglie. I mondi materiali furono scossi alle fondamenta. Insolite luci si manifestarono nel sistema solare. Tutti gli esseri dei piani materiali poterono vedersi a vicenda, i muti e i sordi furono curati, si udì ovunque una musica celestiale e così via.
In quel momento, Kªladevala, l'eremita maestro del re Suddhodana, stava parlando con gli esseri celesti del mondo dei Tªvatiêsa. Kªladevala era un eremita molto famoso che, avendo raggiunto i più alti livelli di concentrazione, possedeva poteri paranormali. Avendo appreso che il re aveva avuto un figlio, mentre tutti i mondi di Rûpa e Nªma si rallegravano, egli ritornò di fretta al palazzo reale e chiese che il bambino fosse portato a lui per essere benedetto. Nel momento in cui il re stava per posare il neonato davanti al maestro, avvenne un fatto straordinario. Il bambino si levò in aria e si andò a posare sulla testa di Kªladevala, che immediatamente intuì che il neonato non era altri che il Buddha in embrione. Per questo sorrise, ma subito dopo pianse poichè aveva previsto che egli stesso non sarebbe vissuto abbastanza per udire i suoi insegnamenti e che dopo la sua morte sarebbe rinato nel mondo immateriale dei Brahmª, da dove non è possibile alcun contatto con il mondo materiale. Si rammaricò di non poter ascoltare l'insegnamento del Buddha.
Dopo cinque giorni, al bambino fu dato il nome di Siddhattha in presenza di famosi astrologi e chiromanti, che convenirono che il neonato aveva tutte le caratteristiche di un futuro Buddha. Sua madre morì una settimana dopo il parto e il bambino fu affidato alla zia materna Pajªpatï-Gotamï.
Siddhattha trascorse i suoi primi anni in un ambiente agiato, raffinato e colto. Era considerato un prodigio sia di intelletto che di forza. Il re non risparmiò nulla per rendergli la vita facile. Furono costruiti tre palazzi per le tre stagioni, pieni di tutto ciò che potesse condurre il principe ad una vita di piaceri sensuali. Questo fu perchè il re, spinto dall'amore paterno, desiderava che il figlio diventasse re piuttosto che un Buddha Illuminato. Re Suddhodana controllava costantemente che il figlio fosse in un'atmosfera tale che non gli desse la possibilità di sviluppare idee filosofiche elevate. Per fare in modo che i pensieri del principe non si volgessero in quella direzione, ordinò a tutti coloro che lo servivano o che gli si avvicinavano di non menzionare mai argomenti quali la vecchiaia, le malattie o la morte. Essi dovevano comportarsi come se nel mondo non esistesse nulla di spiacevole. Qualsiasi membro della servitù che mostrava anche il minimo segno di invecchiamento, di debolezza o di malattia veniva sostituito. Dovunque vi erano danze, musica e allegre feste per tenerlo completamente soggiogato ad una vita di piaceri sensuali.
La Grande Rinuncia
Con il passare dei mesi e degli anni, i piaceri sensuali cominciarono a diventare monotoni e a perdere il controllo sulla mente del Principe Siddhatta. Le energie mentali associate alle virtù, che il Bodhisatta aveva conservato durante le sue innumerabili vite precedenti in vista della meta finale della Liberazione, si risvegliarono automaticamente. A volte, quando il mondo dei sensi perdeva il controllo sulla sua mente, il suo sè interiore si faceva largo e conduceva la mente ad uno stato di purezza e tranquillità, con una forza di concentrazione (Samªdhi) simile a quella che da bambino l'aveva sollevato sopra la testa di Kªladevala. Cominciò una guerra di nervi. La cosa più importante per lui era trovare una via d'uscita dalla sensualità e dal desiderio. Voleva sapere cosa esisteva al di là delle mura del palazzo, perchè non era mai uscito nemmeno una volta. Voleva vedere la natura come realmente è e non come l'uomo l'ha modificata, per cui decise di visitare il parco reale, che si trovava fuori dalle mura del palazzo. Nonostante le precauzioni che il re aveva preso per eliminare qualsiasi vista spiacevole dalle strade, durante la sua prima uscita incontrò un vecchio piegato dagli anni. La volta successiva vide una persona sofferente a causa di una malattia terminale. In seguito vide il cadavere di un uomo. Durante la sua ultima uscita incontrò un monaco. Questi incontri condussero la sua mente verso pensieri molto profondi e il suo atteggiamento mentale cambiò radicalmente. La sua mente si liberò delle impurità e si sintonizzò con le forze mentali delle sue virtù conservate nel Saókhªra Loka (il piano delle energie mentali). A quel punto la sua mente si era liberata da tutti gli impedimenti, era tranquilla, pura e potente. Tutto questo accadde la notte che sua moglie partorì un figlio, un nuovo vincolo che lo legava (alla sua vita presente). In quel momento, comunque, egli era immune da qualsiasi cosa che potesse disturbare l'equilibrio della sua mente. Le virtù (accumulate) di determinazione lo portarono alla irremovibile decisione di cercare una via di uscita dal ciclo di nascita, vecchiaia, sofferenza e morte. Chiese al suo servitore Channa di preparare il suo cavallo Khanthaka. Dopo un ultimo sguardo verso sua moglie e il figlio neonato, il Principe Siddhatta ruppe tutti i legami con la famiglia e il mondo e fece la Grande Rinuncia. Cavalcò attraverso la città e guadò il fiume Anomª, per non ritornare se non quando avesse compiuto la sua missione.
La ricerca della verità
Dopo la Grande Rinuncia, il principe Siddhattha con l'abito dell'asceta itinerante e la ciotola per le offerte, andò in cerca di un maestro. Si affidò alla guida spirituale di due famosi maestri, i brahmini Ålªra e Uddaka. Ålªra dava molta importanza alla fede nell'atman (anima) e insegnava che l'anima raggiungeva la liberazione perfetta una volta superate le limitazioni materiali. Questo non convinse il principe. Andò allora da Uddaka, che dava troppa importanza agli effetti del Kamma (atti di volizione) e alla trasmigrazione dell'anima. Nessuno dei due riusciva a superare il concetto di anima e il principe asceta intuiva che c'era qualcosa d'altro da imparare. Li lasciò entrambi per proseguire da solo la ricerca della liberazione. Naturalmente a quel punto egli aveva già imparato gli otto Samªpatti (alti stati di concentrazione) ed aveva imparato ad esercitare tutti i poteri paranormali, che includevano la capacità di conoscere gli avvenimenti di molti cicli mondani del passato e del futuro. Questi poteri appartenevano al campo mondano e non interessavano particolarmente il principe, la cui ambizione era quella di sfuggire a questo campo mondano che porta nascita, sofferenza e morte. Fu raggiunto più tardi da altri cinque asceti, uno dei quali, di nome Koô?añña, era l'astrologo-chiromante che aveva previsto, dopo cinque giorni dalla sua nascita, che il principe sarebbe diventato sicuramente un Buddha. Questo gruppo di asceti lo servì durante tutti i sei anni in cui si impegnò in digiuni e meditazione, sottoponendosi a vari regimi di dura austerità e disciplina, fino a ridursi praticamente ad uno scheletro. Un giorno infatti svenne a causa della sua debolezza. Dopo essersi rimesso, cambiò il suo metodo, seguì una via di mezzo meno austera e si rese conto che la strada verso l'Illuminazione era più chiara.
Il Raggiungimento dell'Illuminazione
Fu alla vigilia del giorno di Vesªkha, (la luna piena del mese di Kason secondo il calendario birmano) 2540 anni fa (nel 1951), che il principe Siddhatta, l'asceta itinerante, si sedette a gambe incrociate sotto l'albero del Bodhi sulla riva del fiume Neranjarª, nella foresta di Uruvelª (vicino all'odierna Bodh Gaya), con la più ferma determinazione di non muoversi da quella posizione per nessun motivo, fino a quando non avesse ottenuto la Verità e l'Illuminazione, lo stato di Buddha, anche se questo poteva significare la perdita della sua vita. Il grande evento si stava avvicinando. Il principe asceta fece ricorso a tutta la sua energia mentale, per raggiungere quella perfetta concentrazione mentale che è così essenziale per la scoperta della Verità. Questa volta il principe incontrò maggiore difficoltà nel mantenere l'equilibrio della sua mente. Non vi erano solamente le energie dei Piani Inferiori, combinate con quelle dei Piani Superiori, ma anche interferenze abbastanza forti da far vacillare di tanto in tanto l'equilibrio della sua mente. Insolita fu la resistenza di masse di forze impenetrabili contro la radiazione luminosa che egli di solito otteneva, e forse questo accadde perchè questo era il suo tentativo finale per raggiungere l'Illuminazione di un Buddha, e Mªra, il controllore supremo delle forze del male, era in agguato dietro le quinte. Il principe riuscì ad aprirsi la strada, lentamente ma inesorabilmente, aiutato dalle energie mentali delle (sue) virtù, che inevitabilmente ritornarono a lui nel momento opportuno. Egli fece un voto e, rivolgendosi a tutti i Brahmª e Deva, che erano stati testimoni al compimento delle sue dieci Perfezioni (Pªramï), chiese loro di unirsi a lui nella lotta per la vittoria. Dopo che ebbe fatto ciò, l'associazione con le forze pure trascendentali dei Brahmª e dei Deva ottenne un effetto positivo. Quelle spesse masse di forze, che fino ad un certo momento erano sembrate impenetrabili, furono indebolite e vennero spazzate via completamente con il progressivo perfezionamento del controllo della mente. Una volta che tutti questi ostacoli furono superati, il principe fu in grado di elevare il suo potere di concentrazione e di guidare la mente ad uno stato di completa purezza, tranquilllità ed equanimità. Gradualmente la coscienza della pura visione si impossessò di lui. La soluzione ai problemi vitali, che aveva affrontato fino a quel punto senza successo, si manifestò alla sua coscienza come un'ispirazione. Attraverso un processo di meditazione introspettiva sulle realtà della natura all'interno di se stesso, gli apparve chiaro che, al contrario delle apparenze, non c'è alcuna sostanzialità nel corpo umano, ma che esso non è altro che la somma di un numero incalcolabile di kalªpa, ognuno dei quali è la 46656ma parte di una particella di polvere sollevata dalla ruota di un carro in estate. Continuando la sua investigazione, egli capì che questi kalªpa sono anch'essi materia in uno stato di continuo flusso o cambiamento. E che lo stesso vale per la mente, che è la rappresentazione delle forze mentali creative che escono e delle forze mentali create che entrano costantemente nel sistema di ogni individuo in un flusso eterno.
A quel punto il Buddha proclamò che, una volta superate tutte le false percezioni di sostanzialità all'interno di se stesso, si era aperto in lui l'Occhio della Saggezza. Attraverso la lente della concentrazione aveva visto questi kalªpa, a cui aveva successivamente applicato la legge dell'Impermanenza, arrivando a realizzare che essi non avevano alcuna entità al di fuori del processo di costante mutamento. Egli superò ciò che in Buddhismo è detto Paññatti (idea o concetto) ed arrivò ad uno stato di Paramattha, comprendendo completamente la natura delle forze, o in altre parole, la Realtà Ultima.
Di conseguenza egli arrivò a comprendere il costante mutamento di mente e materia all'interno di se stesso (Anicca) e quindi come conseguenza (comprese) la Verità della Sofferenza (Dukkha). Fu allora che il suo ego-centrismo fu annientato ed egli raggiunse uno stadio che è al di là della sofferenza (Dukkha Nirodha), non essendo rimasta alcuna traccia di Attª, attaccamento al Sè. Mente e materia non erano per lui che vuoti fenomeni che continuano in eterno, soggetti alla Legge di Causa ed Effetto e alla Legge della Genesi Condizionata. Aveva raggiunto la Verità Ultima. Le qualità inerenti al Buddha in embrione si svilupparono ed egli divenne completamente Illuminato all'alba del giorno di Vesªkha. Il Principe Siddhattha arrivò al Sammª-Sambodhi, la Suprema Illuminazione e divenne il Buddha, il Risvegliato, l'Illuminato, l'Onnisciente. Egli era risvegliato in modo tale che tutti gli altri al suo confronto parevano immersi in un sonno profondo. Egli era illuminato in modo tale che tutti gli altri al suo confronto, parevano brancolare nel buio senza direzione. Egli aveva compreso (la realtà di tutte le cose) in modo tale che tutti gli altri parevano al suo confronto immersi in totale ignoranza. Signore e signori, mi avete dedicato fin troppo tempo oggi. Vi ringrazio per avermi ascoltato pazientemente. Vorrei ringraziare anche il clero di questa chiesa che mi ha gentilmente permesso questo incontro.
Che cosa è il Buddhismo - Seconda conferenza (30 Settembre 1951)
Domenica scorsa vi ho fatto un breve riassunto, anche fin troppo breve, della vita del nostro Maestro, il Buddha Gotama, fino al momento in cui egli raggiunse l'Illuminazione e divenne un Buddha. Oggi vi parlerò di quelli che sono i suoi Insegnamenti. Gli Insegnamenti del Buddhismo sono conservati in ciò che noi chiamiamo il Tipiîaka, che consiste dei Sutta (i Discorsi), il Vinaya (le regole di disciplina per i Saógha, ovvero le comunità sia di monaci che di monache) e l'Abhidhamma (gli Insegnamenti filosofici). Il Tipiîaka in Pª¡i consiste di numerosi volumi, la cui semplice lettura richiederebbe alcuni mesi anche per un competente studioso di Pª¡i. Oggi propongo quindi di limitarmi ad esporre gli elementi essenziali, vale a dire, le Verità fondamentali del Buddhismo. Il Buddha, prima di decidere di assumersi il compito di diffondere il Dhamma (i suoi Insegnamenti ), rimase in meditazione silenziosa per un periodo continuo di 49 giorni, vale a dire, sette giorni ai piedi dell'albero del Bodhi, e sette giorni in ciascuno di sei luoghi vicini, a volte godendo della pace del supremo Nibbªna e altre volte approfondendo la sua analisi dei problemi più delicati dei Paramattha-Dhammª (le Realtà Ultime). Quando arrivò ad essere completamente padrone della legge di Paîîhªna (la Legge delle Relazioni), in cui sono anche spiegate l'infinito numero di relazioni tra i diversi momenti di pensiero, dal suo corpo cominciarono ad emanare brillanti raggi di sei colori, che infine andarono a formare un aureola di sei raggi colorati intorno alla sua testa. Egli passò questi sette periodi di sette giorni in meditazione senza alcun cibo, cosa che per tutti noi sarebbe completamente impossibile. è importante capire che durante tutto questo periodo (di 49 giorni) egli si mantenne su un piano mentale, distinto dal piano fisico in cui l'uomo normalmente si trova. Non è un nutrimento materiale che sostiene la materia sottile e il flusso vitale degli esseri che risiedono nei mondi di materia sottile dei Brahmª, ma il Pïti di Jhªna (l'estasi inerente ai livelli più alti di concentrazione) che è esso stesso un nutrimento. Questo fu anche il caso del Buddha, la cui esistenza durante quel lungo periodo era stata su un piano mentale e non materiale. I nostri esperimenti in questo campo di ricerca ci hanno fermamente convinto che, per un uomo di tale altissimo sviluppo mentale ed intellettuale quale era il Buddha, questo sia possibile. Fu all'alba del cinquantesimo giorno dalla sua Illuminazione che il Buddha emerse da questo prolungato periodo di meditazione. Non che fosse stanco o debole, ma poichè non si trovava più su un piano mentale, sentì bisogno di cibo. In quel periodo, due commercianti provenienti da un paese straniero stavano attraversando la foresta di Uruvelª, con un convoglio di carri carichi di mercanzie. Un Deva della foresta, che in una vita precedente era stato un loro parente, gli consigliò di approfittare dell'occasione di rendere omaggio al Buddha completamente Illuminato, che era appena emerso dalla sua meditazione. Come era stato loro suggerito, i due mercanti si recarono nel luogo dove il Buddha era seduto, illuminato dall'aureola di sei colori. Furono sopraffatti dall'emozione e si prostrarono in adorazione davanti al Buddha e successivamente offrirono dei dolci di riso e miele per il primo pasto del Buddha. Il Buddha li accettò come i suoi primi discepoli laici. Alla loro richesta di un segno o simbolo verso cui esprimere la loro devozione, il Buddha diede loro otto dei suoi capelli. Sarete sorpresi di sapere che questi due commercianti erano Tapassu e Bhallika da Ukkalª, che oggi è Rangoon, in Birmania, dove voi vi trovate adesso. E la famosa Shwedagon, che probabilmente tutti voi avete visitato, è la Pagoda dove vennero racchiusi come reliquie gli otto capelli del Buddha, sotto la direzione personale del regnante di Ukkalª, 2540 anni fa. La Pagoda è stata conservata e rinnovata fino ai nostri giorni da successivi re Buddhisti e da devoti cittadini. Per loro sfortuna, i due mercanti di Ukkalª, che ebbero l'onore di essere i primi discepoli laici del Buddha, erano discepoli solo per fede, senza un'esperienza pratica personale del Dhamma, che è il requisito necessario per la liberazione dalla sofferenza e dalla morte. La fede è senza dubbio un requisito preliminare, ma è la pratica degli Insegnamenti che realmente conta. Infatti il Buddha disse: Ognuno deve percorrere il Sentiero personalmente, i Buddha indicano solo la Via.
Gli Insegnamenti del Buddha
Il Buddhismo non è una religione secondo il significato di religione che dà il dizionario, poichè non è centrato su un dio, come è il caso in tutte le altre religioni. Per essere precisi, il Buddhismo è un sistema filosofico, coordinato con un codice morale, sia fisico che mentale. La meta visibile è la totale estinzione di sofferenza e morte.
Le Quattro Nobili Verità, esposte dal Buddha nel suo primo discorso, che è conosciuto come Dhamma-cakka-ppavattana Sutta (il Discorso che mette in moto la Ruota del Dhamma) formano la base su cui si fonda questo sistema filosofico. Infatti, le prime tre delle Quattro Nobili Verità espongono la filosofia del Buddha, mentre la quarta (il Nobile Ottuplice Sentiero, che è un codice morale e filosofico ) serve come mezzo per raggiungere la meta. Questo primo discorso fu pronunciato per i cinque asceti, guidati da Koô?añña, che in precedenza erano stati suoi compagni nella ricerca della Verità. Koô?añña fu il primo discepolo del Buddha a realizzare l'Insegnamento in pratica e a diventare un Arahat (un Santo che ha superato i limiti di tutti i condizionamenti).
Le Quattro Nobili verità sono :
(i) Dukkha Sacca La Verità
della Sofferenza
(ii) Samudaya Sacca La Verità dell'Origine della Sofferenza
(iii) Nirodha Sacca La Verità dell'Estinzione della Sofferenza
(iv) Magga Sacca: La Verità del Sentiero che porta all'Estinzione
della Sofferenza Per arrivare ad una comprensione completa dei concetti fondamentali della filosofia del Buddha, viene evidenziata la necessità di comprendere a fondo la Verità della Sofferenza. Per chiarire questo punto, il Buddha affrontò il problema da due direzioni.
Per prima cosa, attraverso il ragionamento. Fece capire ai suoi discepoli che la vita è una lotta costante; la vita è sofferenza; la nascita è sofferenza; la vecchiaia è sofferenza; la malattia è sofferenza; la morte è sofferenza. L'influenza dei sensi è però così forte che l'uomo dimentica questo fatto molto facilmente, dimentica quanto sia alto il prezzo da pagare. Pensate per un momento a come è la vita nel periodo anteriore alla nascita; a come, dal momento in cui nasce, il neonato deve lottare per l'esistenza; che preparativi deve fare per affrontare la vita; come, una volta uomo, deve lottare fino al suo ultimo respiro. Potete immaginare chiaramente che cosa è la vita. La vita è veramente sofferenza. Più ci si attacca all'io, più grande è la sofferenza. In realtà, i dolori e le sofferenze che ogni uomo si trova ad affrontare vengono mascherati da momentanei piaceri dei sensi, che non sono altro che occasionali lampi di luce nel buio. Se non fosse per Moha (illusione), che lo tiene lontano dalla Verità, sicuramente l'uomo avrebbe trovato la via che porta all'emancipazione da questo ripetersi di vita, sofferenza e morte.
In secondo luogo, il Buddha spiegò ai suoi discepoli che il corpo umano è composto di kalªpa, unità subatomiche, che si disintegrano nel momento stesso in cui si formano. Ogni Kalªpa è una massa formata dai seguenti elementi naturali :
(i) Pathavï Solidità
(letteralmente terra)
(ii) Åpo Coesione (lett. acqua )
(iii) Tejo Radiazione (lett. caldo e freddo)
(iv) Vªyo Movimento (lett. aria)
(v) Vaôôa Colore
(vi) Gandha Odore
(vii) Rasa Sapore
(viii) Ojª Essenza Nutritiva
I primi quattro vengono detti Mahª-Bhûta, vale a dire qualità materiali essenziali, le quali predominano in un Kalªpa. Le altre quattro sono solamente qualità supplementari che nascono e dipendono dai primi quattro elementi. Un Kalªpa è la più minuta particella del piano fisico. è solo quando questi otto elementi naturali (che hanno solo la caratteristica di comportamento) si uniscono, che si forma l'entità di un kalªpa. In altre parole, la coesistenza di questi otto elementi naturali di comportamento crea una massa che, in Buddhismo, viene detta un kalªpa. Questi kalªpa, secondo il Buddha, sono in uno stato di costante mutamento o flusso. Non sono altro che una corrente di energia, come la luce di una candela o di una lampadina. Il nostro corpo, non è un'entità solida, come ci appare, ma un continuo di materia coesistente con la forza vitale.
Per un normale osservatore, un pezzo di ferro è completamente immobile. Uno scienziato sa invece che esso è formato da elettroni e altre particelle, tutte in uno stato di costante mutamento o flusso. Se ciò è vero di un pezzo di ferro, cosa si può dire di un essere vivente, come ad esempio un essere umano? Il processo di mutamento all'interno del corpo umano deve essere per forza più intenso. L'uomo sente le vibrazioni di questo mutamento all'interno di se stesso? Lo scienziato, che sa che tutto è in uno stato di mutamento e flusso, sente mai che il suo corpo stesso non è altro che una costante vibrazione e un flusso di energia? Quali saranno gli effetti sull'atteggiamento mentale dell'uomo che, per introspezione personale, scopre che il suo corpo è semplicemente energia e vibrazione? Immaginate un uomo che per dissetarsi beve un bicchiere d'acqua dal pozzo del paese. Sicuramente, se i suoi occhi fossero dei microscopi, esiterebbe a bere quella stessa acqua, vedendo ingranditi i microbi presenti. Allo stesso modo, quando un uomo arriva a percepire il costante mutamento all'interno di se stesso (Anicca o Impermanenza), deve necessariamente arrivare alla comprensione, come sua conseguenza, della Verità della Sofferenza, come risultato della chiara e netta percezione della radiazione, vibrazione e attrito delle unità subatomiche interne. La vita infatti è sofferenza, sia all'interno che all'esterno, in apparenza e come realtà ultima.
Quando dico che la vita è sofferenza, come il Buddha insegnò, vi prego di non andarvene con l'idea che, se questo è il caso, la vita è orribile, che la vita non merita d'essere vissuta e che il concetto Buddhista di sofferenza non lascia spazio alla possibilità di una vita felice. Che cos'è la felicità? Nonostante tutto ciò che la scienza ha ottenuto in campo materiale, gli uomini sono felici? In certi momenti trovano dei piaceri sensuali ma, nel profondo del cuore, non sono felici, nè del passato, ne del presente, nè del futuro. E perchè? Perchè, nonostante abbia controllo sulla materia, l'uomo non ha ancora controllo sulla propria mente. Il piacere che deriva dai sensi non è niente in confronto all'estasi (Pïti) derivante dalla pace interiore della mente, che può essere ottenuta attraverso la pratica di meditazione Buddhista. I piaceri dei sensi sono preceduti e seguiti da difficoltà e dolori, come nel caso di un sempliciotto campagnolo che trova piacere grattando con cautela i pruriti del suo corpo, mentre Pïti non porta con sè questi problemi e dolori, nè prima nè dopo. Sarà difficile per voi, partendo da un punto di vista sensuale, valutare che cosa sia questo Pïti. Ma io so che voi ne potete beneficiare e arrivare a provarlo, così da poterne fare una valutazione comparata. Per cui non c'è fondamento per la supposizione che il Buddhismo insegna qualcosa che vi renderà miserabili con questo prospettivo incubo di sofferenza. Per favore credetemi quando vi dico che vi darà una possibilità di sfuggire alle normali circostanze della vita, come un fiore di loto in un lago d'acqua cristallina, immune dal calore che lo circonda.Vi darà quella Pace Interiore che vi convincerà che non state solamente superando i problemi della vita quotidiana, ma che, piano piano,state passando al di là dei limiti di vita, sofferenza e morte. Cos'è quindi l'Origine della Sofferenza? L'origine, il Buddha disse, è Taôhª, bramosia o desiderio. Una volta seminato, il seme del desiderio cresce e diventa bramosia, si moltiplica e diventa una sete insaziabile, sete di potere o di guadagno materiale. L'uomo in cui questo seme germina, diventa schiavo di questi desideri e automaticamente viene spinto a faticare, lavorando con il corpo e con la mente per tenersi al loro passo, fino a che arriva la fine. Il risultato finale per l'uomo deve essere sicuramente l'accumulo di forze mentali negative, generate dalle sue stesse azioni, fisiche, verbali e mentali che hanno come radice il desiderio (Lobha) e la rabbia (Dosa) insite in lui. Dal punto di vista filosofico, sono le energie mentali delle azioni (Saókhªra) che, nel corso del tempo, reagiscono su colui che le genera e che sono responsabili per questa corrente di mente e materia, l'origine della sofferenza dentro di lui.
Il Sentiero che porta all'Estinzione della Sofferenza. Qual'è quindi il Sentiero che conduce alla fine della Sofferenza? Il Sentiero non è altro che il Nobile Ottuplice Sentiero predicato dal Buddha nel suo primo sermone. Questo Sentiero Ottuplice è diviso in tre parti principali, vale a dire Sïla, Samªdhi e Paññª.
Sïla (I Precetti
morali)
1. Retta Parola
2. Retta Azione
3. Retta Sussistenza
Samªdhi (Tranquillità
della mente)
4. Retto Sforzo
5. Retta Attenzione
6. Retta Concentrazione
Paññª
(Saggezza o Chiara visione)
7. Retto Pensiero
8. Retta Comprensione
A. Sïla. I
tre aspetti caratteristici di Sïla sono:
1. Sammª-vªcª: Retta Parola
2. Sammª-kammanta: Retta Azione
3. Sammª-ªjiva: Retta Sussistenza
Per Retta Parola si intende: Parole che esprimono la verità, che sono benefiche, che non sono ingiuriose o maligne. Per Retta Azione si intende: I principi fondamentali della moralità che si oppongono alla distruzione della vita, al furto, all'impropria condotta sessuale e all'ubriachezza. Per Retta Sussistenza si intende: Un modo di vivere che non include quelle professioni che causano la sofferenza di altri esseri viventi, come ad esempio il commercio di schiavi, la produzione di armi e la compravendita di alcool e stupefacenti.
Questi precetti rappresentano a grandi linee il Codice Morale che il Buddha promulgò inizialmente nel suo primo sermone. Successivamente egli ampliò questa definizione e introdusse regole diverse per i monaci e per i discepoli laici. Non è necessario che vi esponga le regole prescritte ai monaci. Vi esporrò solamente quelli che sono i precetti, o codice morale, di un discepolo laico Buddhista. Essi sono detti Pañca Sïla, vale a dire i Cinque Precetti: (i) Paôªtipata: Astenersi dall'uccidere qualsiasi essere vivente. (La vita è la cosa più preziosa che un essere vivente possiede e con questo precetto la compassione del Buddha è estesa a tutti gli esseri viventi).
(ii) Adinn' ªdªna:
Astenersi dall'appropriarsi di ciò che non è dato. (Questo precetto
serve a controllare impropri desideri di possesso).
(iii) Kªmesu-micchª-cara: Astenersi da un comportamento sessuale
scorretto. (Il desiderio sessuale è latente nell'uomo ed è irresistibile
per quasi tutti. Per questo motivo il Buddha proibì ogni attività
sessuale illecita).
(iv) Musªvada: Astenersi dal mentire. Questo precetto viene incluso per
essere fedeli a livello verbale al principio di Verità
(v) Surª-meraya: Astenersi da qualsiasi tipo di sostanza inebriante.
L'inebriatezza causa all'uomo la perdita del controllo sulla propria mente
e della capacità logica, che sono elementi essenziali per arrivare
a comprendere la Verità.
I Cinque Precetti (Pañca
Sïla) sono formulati con l'intenzione di controllare azioni e parole
e per servire come fondamento per il Samªdhi (concentrazione della mente)
B. Samªdhi. Arriviamo ora a parlare dell'aspetto mentale del Buddhismo, che sono sicuro vi interesserà grandemente. In questo secondo gruppo del Nobile Ottuplice Sentiero sono contenuti:
1. Sammª-vªyªma:
Retto Sforzo
2. Sammª-sati: Retta Attenzione
3. Sammª-samªdhi: Retta Concentrazione
Il Retto Sforzo è, naturalmente, un prerequisito della Retta Attenzione. Senza uno sforzo deciso di restringere il raggio dei pensieri della propria mente, che nel suo normale stato è sbilanciata e in costante movimento, l'uomo non può aspettarsi di raggiungere quel livello di attenzione della mente, che a sua volta porta, tramite la retta Concentrazione, ad uno stato di Focalizzazione su un solo punto e Tranquillità o Samªdhi. è a questo punto che la mente si libera dagli ostacoli, si tranquillizza e si purifica, illuminandosi dentro e fuori. La mente che ha raggiunto questo stato diventa luminosa e potente. Esternamente ciò è rappresentato da una luce, che è semplicemente un riflesso mentale, che varia di intensità, dalla luce di una stella a quella del sole. In parole semplici, questa luce, che è riflessa nell'occhio della mente in completa oscurità, è una manifestazione della purezza, tranquillità e serenità della mente stessa.
Questo concetto è presente anche nell'Induismo. Passare dalla luce al vuoto e ritornare alla luce è un'esperienza fondamentale per un brahmino. Nel Nuovo Testamento, Matteo parla di un corpo pieno di luce. Sappiamo di sacerdoti della Chiesa cattolica che meditano regolarmente per ottenere questa luce miracolosa. Anche il Corano dà molta importanza alla Manifestazione della Luce Divina.
Questo riflesso mentale di luce caratterizza la purezza mentale interiore, e questa purezza forma l'essenza della vita religiosa, indipendentemente dal fatto che uno sia Buddhista, Indù, Cristiano o Musulmano. Infatti, la purezza mentale è il massimo comun denominatore di tutte le religioni. L'amore, che è l'unico mezzo per l'unità dell'umanità, deve essere supremo, e ciò non può essere a meno che la mente non sia trascendentalmente pura. Una mente equilibrata è necessaria per bilanciare le menti squilibrate degli altri. Come un arciere raddrizza la sua freccia, così il saggio raddrizza la sua mente tremante e sbilanciata, che è difficile da controllare, ardua da trattenere.
Così disse il Buddha. L'esercizio mentale è tanto necessario quanto l'esercizio fisico. Che ragione c'è quindi per non esercitare la mente e renderla pura e forte così da ottenere la Pace Interiore dei Jhªna? Una volta che la Pace Interiore comincia a permeare la vostra mente, farete sicuramente dei grossi passi avanti verso la comprensione della Verità.
Le nostre esperienze ci assicurano che sotto la giusta guida, questa Pace Interiore e Purezza della Mente con luce possono essere raggiunte da tutti, independentemente dalla loro religione o credenza, a condizione che si abbia sincerità di intenti e si sia preparati a seguire completamente la guida durante il periodo di istruzione. Quando, con la continua pratica, si ottiene completa padronanza della propria mente, è possibile raggiungere gli stati di Jhªna (stati di assorbimento meditativo) e gradualmente sviluppare se stessi fino ad arrivare ad ottenere i Samªpatti, poteri paranormali come quelli esercitati da Kªladevala, l'eremita maestro del re Suddhodana. Queste pratiche, naturalmente, vanno sperimentate con una moralità assoluta e lontano da centri abitati, e sono alquanto pericolose per coloro che hanno ancora dentro di sè tracce di desiderio. Comunque, queste pratiche che danno poteri paranormali nel campo mondano, non erano incoraggiate dal Buddha, il cui unico obiettivo nello sviluppare il Samªdhi era quello di ottenere la purezza e potenza mentale essenziali per la comprensione della Verità. Nel Buddhismo abbiamo quaranta metodi di concentrazione, di cui il più importante è Ånªpªna, vale a dire la concentrazione sul respiro in entrata e uscita, il metodo seguito da tutti i Buddha.
C. Paññª.
Affronterò ora l'aspetto filosofico del Buddhismo contenuto nella terza
parte del Nobile Ottuplice Sentiero, Paññª, Saggezza o
Chiara Visione.
I due aspetti caratteristici di Paññª sono:
1. Sammª-saókappa:
Retto Pensiero (o Retta Contemplazione)
2. Sammª-diîîhi: Retta Comprensione
La Retta Comprensione della Verità è la meta e l'obiettivo del Buddhismo e il Retto Pensiero è lo studio analitico di mente e materia, all'interno e all'esterno, per arrivare a realizzare la Verità. Avete sentito i termini Nªma e Rûpa (mente e materia) tante volte. Vi devo un ulteriore spiegazione. Nªma (mente) è così chiamata a causa della sua tendenza a volgersi verso un oggetto dei sensi. Rûpa (materia) è così detta a causa della sua impermanenza, dovuta a continuo mutamento. I termini che più si avvicinano a Nªma e Rûpa sono quindi mente e materia. Dico che si avvicinano poichè il significato non è esattamente lo stesso. Nªma, a rigor di termini, è la parola che si applica ai seguenti:
(i) Coscienza (Viññªôa)
(ii) Sensazioni (Vedanª)
(iii) Percezione (Saññª)
(iv) Energie di volizione (Saókhªra) (ovvero energie mentali)
Questi, insieme a Rûpa nello stato materiale, formano ciò che noi chiamiamo i Pañca-kkhanda o Cinque Aggregati. è in questi cinque aggregati che il Buddha ha raggruppato tutti i fenomeni fisici e mentali di ogni tipo di esistenza, che in realtà è un continuo di mente e materia coesistenti, ma che all'uomo comune appare come la propria personalità o io.
In Sammª-saókappa (Retta Contemplazione) il discepolo, che a questo punto ha sviluppato la potente lente mentale del Samªdhi, concentra la sua attenzione su sè stesso e tramite la meditazione introspettiva compie uno studio analitico sulla natura, come prima cosa di Rûpa (la materia) e successivamente di Nªma (la mente e le caratteristiche mentali). Egli sente, a volte anche vede, i Kalªpa nel loro stato reale. Comincia a rendersi conto che sia Rûpa che Nªma sono in continuo mutamento, impermanenti ed effimeri. Con l'aumento del suo potere di concentrazione, la natura delle energie dentro di lui diventa gradualmente sempre più chiara.
Non riesce più a liberarsi dell'impressione che i Pañca-kkhanda, o Cinque Aggregati, soggetti alla legge di Causa ed Effetto, non sono che sofferenza. A questo punto è convinto che, in realtà, tutto è sofferenza, dentro e fuori (se stesso) e che l'Io in realtà non esiste. Desidera ardentemente raggiungere uno stato al di là della sofferenza. Alla fine, andando oltre i limiti della sofferenza, egli passa dallo stato mondano a quello sopramondano ed entra nella corrente di Sotªpanna, il primo dei quattro stadi degli Ariya (persone nobili). A quel punto egli si libera (i) dell'io, (ii) dei dubbi e (iii) dell'attaccamento a regole e riti. Il secondo stadio è quello di Sakadªgªmï (Uno che deve ritornare ancora una volta), al cui raggiungimento il desiderio sensuale e la malevolenza sono attenuati. Colui che raggiunge il terzo stadio di Anªgªmï (Uno che non deve più ritornare) cessa totalmente di avere qualsiasi tipo di passione o ira quando raggiunge. Lo stadio di Arahat è la meta finale. Ognuno degli Ariya può provare che cosa sia il Nibbªna, anche come uomo, ogni volta che decide di entrare nello stato di fruizione di Sotªpanna o degli altri stadi, che gli porta la Pace Interiore del Nibbªna.
Questa Pace Interiore, che è identificata con il Nibbªna, non ha paralleli poichè è uno stato sopramondano. In confronto a questo (stato), la Pace Interiore dei Jhªna, a cui ho fatto riferimento nella spiegazione sul Samªdhi, è insignificante, perchè, mentre la Pace Interiore del Nibbªna trasporta oltre i limiti dei trentuno piani di esistenza, la Pace Interiore dei Jhªna rimane ancora all'interno di questi piani, vale a dire nel mondo di materia sottile dei Brahmª.
Signore e signori, un'ultima parola. Ciò che ho detto copre solo alcuni degli aspetti fondamentali del Buddhismo. Considerato il tempo a mia disposizione, spero di aver fatto del mio meglio: Raggiungere uno stato di Purezza mentale con la luce di fronte a voi; Arrivare ad uno stato di Jhªna a volontà; Sperimentare da voi stessi la Pace Interiore del Nibbªna. Tutte queste esperienze sono alla vostra portata. Perchè allora non provare a raggiungere almeno le prime due, che sono compatibili con la vostra religione? Io sono disponibile per darvi qualsiasi aiuto di cui abbiate bisogno. Vorrei ancora una volta ringraziare tutti voi per il vostro paziente ascolto. La mia gratitudine va anche al clero della chiesa per aver gentilmente permesso questo incontro.
Che cosa è il Buddhismo - Terza Conferenza (14 Ottobre 1951)
La mia esposizione di Che cosa è il Buddhismo non sarebbe completa senza fare riferimento, per quanto brevemente, alla Legge di Genesi Condizionata (Paîicca-samuppªda) e alla Legge delle Relazioni, anche detta Legge di Causa ed Effetto (Paîîhªna).
La legge di Genesi Condizionata
Ricorderete forse che, ricapitolando la mia prima conferenza, feci una breve descrizione di come il Principe Siddhatta, l'eremita itinerante, comprese la verità e divenne un Buddha. Nel caso vi sia sfuggito, vi ripeto quel passo.
Il Principe Siddhattha arrivò al Sammª-sambodhi, la Suprema Illuminazione e divenne il Buddha, il Risvegliato, l'Illuminato, l'Onnisciente. Egli fu risvegliato in modo tale che tutti gli altri al suo confronto parevano immersi in un sonno profondo. Egli era illuminato in modo tale che tutti gli altri al suo confronto, parevano brancolare nel buio senza direzione. Egli aveva compreso in modo tale che tutti gli altri parevano al suo confronto immersi in totale ignoranza.
Non c'è dubbio che tutte le religioni affermano di indicare la strada che porta alla Verità. Nel Buddhismo, fino a che uno non ha compreso realmente la verità (vale a dire le Quattro Nobili Verità), questi si trova in uno stato di ignoranza. è questa ignoranza (Avijjª) che è responsabile della produzione delle energie mentali (Saókhªra) che regolano il flusso vitale o coscienza (Viññªôa) in tutti gli esseri viventi. Nel momento in cui il flusso vitale si insedia in una nuova esistenza, mente e materia (Nªma e Rûpa) appaiono automaticamente e correlativamente. Questi a loro volta si sviluppano fino a formare un veicolo o corpo con basi sensoriali (Salªyatana). Queste basi sensoriali fanno sorgere il contatto (Phassa) e il contatto di queste basi sensoriali con gli oggetti di senso fa sorgere le impressioni sensoriali (Vedanª), che hanno l'effetto di far nascere il desiderio (Taôhª), che è seguito a ruota dall'attaccamento al desiderio (Upªdªna). è questo attaccamento, questo aggrapparsi ai desideri, la causa del divenire (Bhava), o in altre parole dell'esistenza a cui è inerente la nascita (Jªti), la vecchiaia, le malattie, la morte, l'ansietà, l'angoscia, il dolore etc. (Jarª-maraôa etc ), tutti stati che denotano la sofferenza. In questo modo il Buddha risalì all'ignoranza come origine della sofferenza.
Il Buddha disse:
L'ignoranza è l'origine
delle energie mentali;
Le energie mentali sono l'origine del flusso vitale;
Il processo vitale, l'origine di mente e materia;
Mente e materia, l'origine delle basi dei sensi
Le basi dei sensi, l'origine del contatto;
Il contatto,l'origine delle impressioni dei sensi;
Le impressioni dei sensi, l'origine del desiderio;
Il desiderio,l'origine dell'attaccamento
L'attaccamentò l'origine del divenire (la nuova esistenza)
Il divenire è l'origine della nascita;
La nascita è l'origine della vecchiaia, della malattia, dell'ansietà, dell'angoscia, del dolore (e tutti questi non sono che sofferenza). Questa catena di causazione è chiamata Legge della Genesi Condizionata e la causa che sta alla radice di tutte queste è quindi avijjª, l'ignoranza, vale a dire l'ignoranza (non conoscenza) della Verità. è vero che, superficialmente, il desiderare è l'origine della sofferenza. Ciò è molto semplice. Quando si vuole qualcosa, è stimolato il desiderio. Si deve lavorare per ottenere ciò che si vuole o soffrire. Ma questo non è tutto. Il Buddha disse: I cinque aggregati, che non sono altro che mente e materia, sono anch'essi sofferenza. Nel Buddhismo la Verità della Sofferenza è compresa completamente solo quando si arriva a vedere mente e materia come sono realmente (sia internamente che esternamente) e non come sembrano essere.
La Verità della Sofferenza è quindi qualcosa che deve essere sperimentata (personalmente) prima di poter essere capita. Per esempio, tutti noi sappiamo tramite la scienza che tutto ciò che esiste non è altro che una vibrazione causata dal movimento vorticoso di un numero infinito di particelle subatomiche, ma quanti di noi riescono a credere veramente che il nostro stesso corpo è soggetto alla medesima Legge? Perchè allora non provare a percepire le cose come realmente sono, per quanto riguarda voi stessi? Per questo scopo è necessario andare oltre i propri condizionamenti fisici. Si deve sviluppare un'energia mentale abbastanza potente da vedere le cose nel loro vero stato. Con l'aiuto di un potere mentale ben sviluppato, si può andare al di là delle apparenze, e vedere di più di quello che è possibile con l'aiuto dei più moderni strumenti scientifici. Se ciò è vero, perchè non vedere esattamente cosa sta accadendo all'interno di noi stessi, gli atomi, gli elettroni, tutti in rapido mutamento e allo stesso tempo senza una fine? Naturalmente ciò non è per niente facile. Questo è un estratto del diario di uno dei miei studenti, che vi dara' un'idea di cosa sia la Sofferenza
Interiore:
21/8/51. Appena cominciai
a meditare, mi sentii come se qualcuno stesse facendo un buco nella mia testa
ed ebbi la sensazione di un brulicare di formiche su tutta la testa. Volevo
grattarmi, ma il maestro me lo proibì. Entro un'ora vidi un raggio
brillante di luce blu, con sfumature viola, entrare gradualmente nel mio corpo.
Disteso nella mia stanza continuamente per tre ore, persi quasi i sensi e
sentii uno shock tremendo nel corpo. Ero quasi spaventato, ma il Maestro mi
incoraggiò a continuare. Sentii il mio intero corpo riscaldarsi ed
ebbi anche la sensazione di un ago elettronico che penetrava in tutte le parti
del corpo. 22/8/51. Anche oggi ho meditato disteso per quasi tre ore. Ho avuto
la sensazione che il mio corpo fosse completamente in fiamme e ho visto scintille
di luce blu e viola che si muovevano dalla testa ai piedi. Allora il Maestro
mi disse che il continuo mutamento nel corpo è anicca (impermanenza)
e il dolore e la sofferenza che seguono sono dukkha, e che si deve arrivare
ad uno stato al di là del dukkha o Sofferenza. 23/8/51 Il Maestro mi
istruì di concentrare la mia attenzione sul petto senza la radiazione
di luce e aggiunse che stavamo per raggiungere lo stadio di filosofia del
nostro corpo. Seguii le istruzioni ed arrivai alla conclusione che il nostro
corpo è pieno di Sofferenza.
In realtà, questa Sofferenza Interiore è la conseguenza della
vivida sensazione di vibrazione, radiazione e attrito delle unità atomiche,
sperimentata attraverso un processo di meditazione introspettiva chiamato
Vipassanª, con l'aiuto della potente lente del Samªdhi - concentrazione.
Non conoscere questa Verità è senza dubbio ignoranza. Conoscere
questa Verità come Realtà Ultima significa la distruzione della
causa alla radice della sofferenza, vale a dire l'ignoranza e tutti gli anelli
nella catena di causazione che culmina in ciò che noi chiamiamo vita,
con le sue inerenti caratteristiche di vecchiaia, malattie, ansietà,
angoscia, dolore etc. Ciò che vi ho esposto riguarda la Legge di Genesi
Condizionata e la causa alla radice della sofferenza. La Legge di Causa ed
Effetto.
Passiamo ora l'attenzione alla Legge di Causa ed Effetto esposta dal Buddha nella Legge di Paîîhªna nell'Abhidhamma Piîaka. Nel corso dello studio analitico di questa Legge, quando il Buddha restò in continua meditazione per 49 giorni, successivamente alla sua Illuminazione, dalla sua persona si emanarono raggi di sei colori. Abbiamo cinque volumi di circa 500 pagine ciascuno in Pªli su questo argomento molto delicato. Io vi darò qui solo un'idea di questa Legge. Ci sono 24 tipi di relazioni su cui si basano i principii fondamentali della legge di Causa ed Effetto nel Buddhismo. Essi sono:
1. Condizione Hetu
2. Oggetto Årammaôa
3. Dominio Adhipati
4. Vicinanza Anantara
5. Vicinanza Immediata Samanantara
6. Coesistenza Sahajªta
7. Reciprocità Aññªmañña
8. Dipendenza Nissaya
9. Condizione Sufficiente Upanissaya
10. Antecedenza Purejªta
11. Conseguenza Pacchªjªta
12. Successione Åsevana
13. Azione Kamma
14. Effetto Vipªka
15. Sostegno Åhªra
16. Controllo Indriya
17. Estasi Jhªna
18. Mezzo Magga
19. Associazione Sampayutta
20. Dissociazione Vippayutta
21. Presenza Atthi
22. Assenza Natthi
23. Sospensione Vigata
24. Continuazione Avigata
Vi spiegherò ora la correlazione tra Hetu (condizione) e Kamma (azione) e l'effetto prodotto dalle loro cause, secondo la mia comprensione. Hetu è la condizione della mente in un momento cosciente di ogni Kamma (azione) fisico, verbale o mentale. Ogni Kamma quindi produce una condizione della mente che è morale, immorale o neutra. Questo è ciòche nel Buddhismo noi chiamiamo Kusala Dhamma, Akusala Dhamma e Abyªkata Dhamma. Questi Dhamma sono solo energie, energie mentali, che collettivamente creano l'Universo delle Forze Mentali, come vi ho spiegato in precedenza. Le Energie Morali (Kusala) sono energie positive generate da Kamma (azioni, parole e pensieri) motivati da atti positivi quali l'offerta di elemosine, il lavoro per il benessere altrui, la devozione, la purificazione della mente eccetera.
Le Energie Immorali (Akusala) sono energie negative generate da Kamma (azione, parole e pensieri) motivati da desiderio, avidità, lussuria, ira, odio, insoddisfazione, illusione eccetera. Le Energie Neutre (Abyªkata) non sono nè morali nè immorali. Questo è il caso, per esempio, di un Arahat, che ha eliminato ogni traccia di ignoranza (avijjª). Nel caso di un Arahat, il contatto (phassa) con gli oggetti dei sensi non produce alcuna reazione alle impressioni dei sensi, così come non è possibile produrre un'impressione sull'acqua corrente che è in continuo cambiamento. Per lui, l'intera struttura del corpo non è altro che una massa in continuo mutamento e ogni impressione ricevuta dal corpo scorre automaticamente con la massa. Mettiamo adesso in relazione le energie morali e immorali generate dalle varie azioni con i diversi piani di esistenza. A questo proposito dividerò i piani di esistenza come segue:
(1) I Piani di Arûpa e Rûpa Brahmª. Questi piani di esistenza sono al di là del dominio della sensualità. Amore Supremo, Compassione Suprema, Suprema Gioia per il successo altrui e Suprema Equanimità di mente sono le quattro qualità mentali che generano energie mentali che sono trascendentalmente pure, brillanti ed estremamente piacevoli, fresche e leggere. Queste energie trovano posto nei più alti piani di esistenza. Questo è il motivo per cui in questi piani la materia è estremamente sottile e non esiste altro che splendente luminosità e i corpi dei Brahmª non possono essere identificati con la materia ma solamente con radiazione e luminosità.
(2) I Piani della Sensualità
comprendono:
(i) I Piani degli Esseri Celesti
(ii) Il Piano del mondo umano
(iii) I Piani delle forme inferiori di esistenza
I Piani degli Esseri Celesti. Tutte le azione buone e meritorie dei
tre tipi (fisico, verbale e mentale), che sono contaminate da una traccia
di desiderio per un futuro benessere, creano energie mentali che sono molto
pure, luminose, piacevoli e leggere. Queste energie si stabiliscono nei piani
più alti degli esseri celesti, dove la materia è sottile, luminosa,
piacevole e leggera. Questi esseri celesti quindi hanno corpi astrali che,
a seconda del piano a cui appartengono, sono più o meno sottili, più
o meno luminosi e di diverso colore. Generalmente gli esseri celesti vivono
in uno stato di beatitudine paradisiaca fino a che le loro energie mentali
sono state consumate, dopo di che essi ritornano ai piani di esistenza inferiori.
Passerò ora ai piani delle forme inferiori di esistenza e tratteròil piano del mondo umano per ultimo. I Piani delle Forme Inferiori di Esistenza. Tutte le azioni cattive, maligne e immeritorie dei tre tipi (fisico, verbale e mentale) creano energie mentali che per natura sono impure, oscure, brucianti, pesanti e dure. Le più impure, oscure, brucianti, pesanti e dure di queste energie mentali si dovrebbero collocare quindi nell'Inferno, il più basso dei piani di esistenza. In tutti questi piani la materia deve per forza essere dura, grezza, ripugnante e scottante. Il mondo umano si trova direttamente al di sopra di questa concentrazione di forze, che sono designate al consumo da parte di quegli esseri destinati a forme di esistenza inferiori. Questi esseri, ad eccezione di quelli nel mondo animale, sono invisibili all'occhio umano normale, e visibili solo per coloro che hanno sviluppato poteri superiori di Samªdhi e, attraverso di essi, l'Occhio Divino. In questi piani è predominante il dolore sia fisico che mentale. è l'opposto di ciò che avviene nei piani degli esseri celesti.
Il Mondo Umano. Parliamo ora del mondo umano. Esso è situato a metà strada tra paradiso e inferno. Noi proviamo una combinazione tra piacere e dolore, in varie gradazioni, a seconda del nostro Kamma passato. Da qui è possibile per noi, sviluppando le nostre capacità mentali, avvicinare le nostre energie mentali che si trovano nei piani superiori. E da qui è anche possibile scendere ai massimi livelli di depravazione e sintonizzarsi con le energie dei piani inferiori. Non esiste la stabilità presente negli altri piani di esistenza. è possibile che un santo oggi diventi un delinquente in futuro. Un ricco oggi può diventare presto povero. Le vicissitudini della vita sono molto evidenti. Non c'e uomo, famiglia, comunità o nazione che sia stabile. Tutti sono soggetti alla Legge del Kamma.
Siccome questo Kamma ha origine nella mente, che è in costante mutamento, anche gli effetti del Kamma devono per forza cambiare continuamente. è la condizione di queste energie mentali impure che sono sommerse nella Terra al di sotto dei nostri piedi che causa l'esistenza della legge di Gravità. Fino a che l'uomo ha dentro di sè le inerenti impurità che all'apparenza esistono, sarà soggetto a questa attrazione gravitazionale e se, al momento della morte, nell'ultimo momento della sua vita, il suo atteggiamento mentale è indirizzato verso le energie mentali di un piano di esistenza inferiore, la sua esistenza successiva avrà luogo automaticamente in quel piano, come per ripagare, si può dire, il suo debito di energie mentali di quel piano. Invece, se al momento della morte il suo atteggiamento mentale è associato con le forze del mondo umano, la sua esistenza successiva potrà essere ancora sul piano umano. Se invece il suo atteggiamento mentale al momento della morte è associato al ricordo delle sue buone azioni, la sua esistenza successiva sarà probabilmente nel mondo celestiale, per godere del credito delle sue energie mentali di quel piano. Si raggiungono i piani dei Brahmª se, al momento della morte, la mente non contiene tracce di sensualità, ma è pura e tranquilla. Questo è il modo in cui il Kamma fa la sua parte, con precisione matematica.
Questi sono gli insegnamenti essenziali del Buddha. Il tipo di impatto che questi insegnamenti possono avere sull'individuo, dipende da come uno li accetta. E lo stesso vale per la famiglia, le comunità e la gente nel suo insieme. Esistono Buddhisti che praticano e Buddhisti che lo sono per fede. E c'è anche un'altra classe di Buddhisti, che sono etichettati Buddhisti per nascita. Solo i Buddhisti che praticano possono conseguire un cambiamento del loro atteggiamento mentale e del loro modo di vedere le cose. Anche se osservano solo i cinque precetti. Essi seguono gli Insegnamenti del Buddha. Se tutti i Buddhisti della Birmania facessero ciò, non ci sarebbero queste continue lotte interne come abbiamo in questo momento in Birmania. Ma c'è un ulteriore fattore di disturbo, le necessità materiali del corpo. Uno deve avere almeno il minimo necessario per vivere. La vita è la cosa piu' preziosa che una persona può avere. Esiste quindi per l'uomo una tendenza a venir meno alle regole di disciplina, religiose o statali, per salvaguardare se stesso o coloro che dipendono da lui.
La cosa più essenziale è la produzione di forze mentali pure e buone, per combattere le forze mentali impure che dominano l'umanità. Questo non è per niente facile. Non ci si può elevare ad un livello di purezza mentale senza l'aiuto di un maestro.. Se desideriamo avere un potere effettivo per combattere queste forze, dobbiamo lavorare seguendo il Dhamma. La scienza moderna ha creato un prodotto il cui valore è discutibile, la bomba atomica, che è allo stesso tempo il più splendido e il più terrificante prodotto dell'intelligenza umana. Ma l'uomo sta utilizzando la sua intelligenza nel modo giusto? Secondo lo spirito del Buddhismo, sta creando forze mentali buone o cattive? è la nostra volontà che decide come e verso quale obiettivo usiamo la nostra intelligenza. Invece di usare la nostra intelligenza solo per la conquista dell'energia atomica nella materia, perchè non usarla anche per la conquista dell'energia atomica dentro di noi. Questo ci porterà la Pace Interiore e ci renderà capaci di condividerla con tutti gli altri. Di conseguenza irradieremo energie mentali così potenti e pure che riusciranno a combattere con successo le forze maligne che sono tutto intorno. Come la luce di una singola candela ha il potere di dissipare l'oscurità in una stanza, così la luce sviluppata da un solo individuo può aiutare a dissipare l'oscurità in molti altri.
Immaginare che si possa fare del bene tramite ciò che è male è un'illusione, un incubo. Un esempio di questo è la Corea. Dopo la perdita di oltre un milione di vite umane, siamo più vicini o più lontani dalla pace? Questa è la lezione che abbiamo imparato. Un cambiamento nell'atteggiamento dell'umanità attraverso la religione è l'unica soluzione. Quello che è necessario in questo momento è il dominio sulla mente e non solo il dominio sulla materia.
Nel Buddhismo facciamo una distinzione fra Loka Dhªtu e Dhamma Dhªtu. Per Dhªtu si intendono gli elementi naturali o energie. Perciò Loka Dhªtu è la materia (con i suoi elementi naturali) all'interno del piano fisico. Dhamma Dhªtu comprende invece la mente, le proprietà mentali e alcuni aspetti degli elementi naturali che non si trovano sul piano fisico ma su quello mentale. La scienza moderna si occupa di quel che chiamiamo Loka Dhªtu, che è solo una base per Dhamma Dhªtu sul piano mentale. Ancora un gradino e arriviamo al piano mentale, non tramite la scienza moderna, ma tramite la conoscenza in pratica del Buddha-Dhamma. H.A. Overstreet, autore di The Mature Mind, (W.W. Norton, New York), è ottimista per quanto riguarda quello che aspetta le menti mature. Egli scrive: La conoscenza caratteristica del nostro secolo è psicologica. Anche le più clamorose scoperte nel campo della fisica e della chimica sono principalmente l'applicazione di metodi di ricerca già conosciuti. Ma l'atteggiamento verso la natura umana e l'esperienza umana che si è sviluppato in questi tempi è nuovo. Questo atteggiamento non si sarebbe potuto manifestare prima d'ora. C'è voluto un lungo periodo di preparazione prima del suo avvento. Era necessario che la fisiologia fosse una scienza già sviluppata, perchè la persona psicologica è anche fisiologica. La sua mente, tra le altre cose, è materia fatta di tessuto cerebrale, di nervi, di ghiandole, di organi di tatto, odorato e vista. Fino a circa settanta anni fa la fisiologia non era sufficientemente sviluppata da rendere possibile la ricerca psico-fisica, come nei laboratori del famoso psicologo tedesco William Wundt. Ma prima della fisiologia c'era bisogno che si sviluppasse un'altra scienza, la biologia. Siccome il cervello, i nervi, le ghiandole e il resto sono tutti dipendenti da altri processi, la scienza delle cellule viventi doveva maturare prima che la fisiologia potesse emergere. E prima della biologia doveva esserci la chimica; e prima della chimica la fisica; e prima della fisica, la matematica. Perciò questa lunga preparazione è cominciata secoli fa. Per cui si può dire che esiste un orologio della scienza. Ogni scienza deve aspettare che scocchi la sua ora. Oggi, finalmente, l'orologio della scienza ha suonato l'ora della psicologia e un nuovo illuminismo sta nascendo. A dire il vero, gli interessi che questa nuova scienza esplora sono in essenza antichi, ma la precisione della ricerca è nuova. C'è, in poche parole, una specie di logica ferrea che controlla. Ogni scienza deve attendere fino a che la scienza precedente ha fornito i dati e gli strumenti di cui ha bisogno per sviluppare la precisione che essa necessita. L'orologio della scienza ha suonato un'ora nuova, una nuova visione comincia a essere al nostro servizio.
Vorrei dire che il Buddha-Dhamma
dovrebbere essere studiato da tutti, per una nuova comprensione delle realtà
della natura umana. Nel Buddhismo abbiamo la cura per tutte le malattie della
mente che affliggono l'umanità. Sono le cattive energie della mente
(presenti e passate) che sono responsabili della situazione in cui si trova
il mondo. Solo ispirando un forte senso di Buddhismo nelle menti della gente
siamo riusciti a superare i giorni della crisi in Birmania due anni fa. Oggigiorno,
l'insoddisfazione è quasi dappertutto. L'insoddisfazione crea cattivi
sentimenti. I cattivi sentimenti creano l'odio. L'odio crea l'inimicizia.
L'inimicizia crea la guerra. La guerra crea i nemici. I nemici creano la guerra
e così via. Sta diventando un circolo vizioso. Perchè? Sicuramente
perchè manca un giusto controllo della mente.
Che cos'è l'uomo? Dopotutto, l'uomo è la personificazione delle
energie mentali. La materia non è altro che forze mentali materializzate,
il risultato della reazione delle forze morali (positive) e delle forze immorali
(negative). Il Buddha ha detto: Cittena niyyati loko Il Mondo è fatto
di mente. La mente, dunque, predomina su tutto. Studiamo quindi la mente e
le sue caratteristiche peculiari per risolvere i problemi che confrontano
l'umanità.
Il campo della ricerca pratica nel Buddhismo è molto vasto. I Buddhisti della Birmania saranno sempre lieti di accogliere chiunque desideri beneficiare della loro esperienza. Signore e signori, ho cercato di offrirvi il meglio di quello che io so sul Buddhismo. Sarò felice di fornire a chiunque sia interessato ulteriori spiegazioni su qualsiasi punto. Vi ringrazio per la vostra cortese partecipazione e per l'interesse che avete mostrato per le mie conferenze. Vorrei ringraziare di nuovo il clero della chiesa che ci ha così gentilmente ospitato Pace a tutti gli esseri.
I principi fondamentali del buddha dhamma nella pratica meditativa
Anicca, Dukkha e Anattª
sono i tre elementi essenziali nell'Insegnamento del Buddha.
Se conoscete Anicca (l'impermanenza di ogni fenomeno fisico e mentale) veramente,
conoscerete anche Dukkha (la verità della sofferenza) come sua conseguenza
e Anattª (l'assenza di un Io o Sè permanente) come verità
ultima. Ci vuole tempo per arrivare a comprendere unitamente queste tre verità.
Anicca è naturalmente il fattore essenziale che, come prima cosa, deve
essere sperimentato e compreso attraverso la pratica. La semplice conoscenza
teorica acquisita attraverso la lettura di libri sul Buddhismo non sarà
sufficiente, perchè mancherà l'aspetto dell'esperienza diretta
acquisita tramite la pratica. è solo tramite l'esperienza diretta e
la comprensione di Anicca come un processo di costante mutamento all'interno
di voi stessi, che sarete in grado di comprendere il significato di Anicca
nel modo in cui il Buddha avrebbe voluto che voi lo comprendeste. Questa comprensione
di Anicca può essere sviluppata, come lo fu ai tempi del Buddha, da
persone che non hanno alcuna conoscenza teorica del Buddhismo.
Per arrivare alla comprensione di Anicca, si deve seguire scrupolosamente e diligentemente il Nobile Ottuplice Sentiero che è diviso nei tre passi di Silª, Samªdhi e Paññª. Silª, o disciplina morale di vita, è la base necessaria per Samªdhi, cioè il controllo della mente che conduce alla focalizzazione su un solo punto. Solo quando si ha raggiunto un sufficiente livello di concentrazione, si può sviluppare Paññª o Saggezza. Quindi Silª e Samªdhi sono le condizioni indispensabili per lo sviluppo di Paññª. Per Paññª si intende la comprensione di Anicca, Dukkha e Anattª attraverso la pratica della meditazione Vipassanª. La pratica della moralità e quella della concentrazione sono presenti nel mondo, indipendentemente dalla presenza di un Buddha, esse costituiscono infatti il comune denominatore di tutte le fedi religiose. Esse non sono tuttavia lo strumento per raggiungere la fine completa della sofferenza.
Durante la sua ricerca per la completa eliminazione della sofferenza, il principe Siddhattha se ne rese conto e si impegnò per trovare il Sentiero che porta all'estinzione finale di ogni sofferenza. Dopo aver lavorato instancabilmente per sei anni, egli trovò una via d'uscita, divenne completamente Illuminato e solo allora insegnò a uomini e dei a seguire il Sentiero che li avrebbe condotti all'estinzione della sofferenza. A questo punto vorrei spiegare che ogni azione, sia essa fisica, verbale o mentale, lascia dietro di sè una forza attiva detta Saókhªra (o Kamma nella terminologia comune) e che ognuno di noi accumula continuamente una riserva di Saókhªra, che funge da serbatoio e sorgente dell'energia che sostiene la vita, che è inevitabilmente seguita da sofferenza e morte. è attraverso lo sviluppo del potere inerente alla comprensione di Anicca, Dukkha e Anattª che una persona è in grado di eliminare gradualmente i Saókhªra che ha accumulato. Questo processo inizia con la vera comprensione di Anicca, mentre in ogni momento, di giorno in giorno, continuano in parallelo sia l'ulteriore accumulo di nuove azioni, sia la riduzione dell'energia che serve a sostenere il flusso vitale. Liberarsi completamente dei propri Saókhªra è quindi un lavoro che richiederà una vita intera o anche più vite. Colui che è arrivato ad esaurire tutti i propri Saókhªra raggiunge la fine delle proprie sofferenze, poichè a quel punto non rimangono più Saókhªra per generare l'energia che è necessaria per sostenere qualsiasi forma di flusso vitale. Quando i Buddha e gli Arahat, al termine della loro vita, passano nel Parinibbªna, essi raggiungono così l'estinzione della sofferenza. Per noi, che abbiamo intrapreso la meditazione Vipassanª al giorno d'oggi, sarebbe abbastanza poter arrivare a conoscere e comprendere Anicca molto bene e poter raggiungere lo stadio di Ariya (persona nobile); a colui che raggiunge il livello di Sotªpanna (il primo stadio dell'Illuminazione) non mancano più di sette vite per arrivare all'estinzione della sofferenza.
Questa conoscenza di Anicca, che rende possibile la comprensione delle caratteristiche di Dukkha e Anattª e che, di conseguenza, conduce infine all'estinzione della sofferenza, si ottiene solo quando è presente un Buddha o, dopo la sua morte, tramite il suo Insegnamento, a condizione che rimangano intatti gli aspetti della sua dottrina che riguardano il Nobile Ottuplice Sentiero e i 37 fattori di Illuminazione (Bodhi-Pakkhiya). Per fare progressi nella meditazione Vipassanª uno studente deve continuare a mantenere la consapevolezza di Anicca con la massima continuità possibile. Il Buddha consigliò ai monaci di cercare di mantenere la consapevolezza di Anicca, Dukkha e Anattª in tutte le posizioni, sia seduti che stando in piedi, sia camminando che sdraiati. Il segreto del successo sta nel mantenere ininterrottamente questa consapevolezza di Anicca, che di conseguenza conduce alla comprensione di Dukkha e Anattª. Le ultime parole del Buddha al momento della sua morte e del passaggio nello stato di Mahaparinibbªna furono:
Il decadimento o impermanenza è presente in tutto ciò che esiste. Sta a voi adoperarvi con diligenza per la vostra salvezza.
Questa è in effetti l'essenza del suo Insegnamento durante i quarantacinque anni del suo ministero. Se manterrete sempre presente la consapevolezza di Anicca, che è inerente a tutte le cose, sarete sicuri di raggiungere prima o poi la meta.
Nel frattempo, mentre sviluppate la vostra conoscenza di Anicca, la vostra comprensione delle reali caratteristiche di tutto ciò che vi circonda diventerà sempre più profonda, fino a che non avrete più alcun dubbio riguardo alle tre caratteristiche di Anicca, Dukkha e Anattª. Quando arrivate a quel punto, sarete in grado di progredire verso la meta finale.
Ora che sapete che Anicca è il primo fattore essenziale per la vera comprensione delle altre caratteristiche (Dukkha e Anattª), dovreste cercare di capire che cosa sia con la massima chiarezza possibile e nel modo più ampio possibile, così da eliminare qualsiasi confusione o incertezza, durante la vostra pratica o nelle discussioni. Il vero significato di Anicca è impermanenza o decadimento, vale a dire la natura di impermanenza e decadimento inerente a tutto ciò che esiste nell'universo, sia animato che inanimato. Allo scopo di facilitare le mie spiegazioni per le generazioni di oggi, vorrei fare riferimento all'inizio del capitolo Contenuti Atomici del libro di Isaac Asimov intitolato All'interno dell'atomo e anche ad una parte del contenuto di pagina 159 dello stesso libro, che tratta delle reazioni chimiche che si succedono costantemente in tutte le parti del corpo di un essere vivente quale l'uomo. Questi estratti dovrebbero essere sufficienti a sostanziare il punto di vista che tutte le cose, per quanto siano diverse tra di loro, sono composte di minuscole particelle chiamate atomi. La scienza ha dimostrato che questi atomi esistono e che essi sono in uno stato di costante mutamento, essi si formano e si dissolvono. Allo stesso modo dovremmo accettare la spiegazione del Buddha che tutte le cose hanno come caratteristica inerente l'impermanenza o Anicca.
Esponendo il significato di Anicca, il Buddha cominciò con il comportamento che produce la materia, e la materia conosciuta dal Buddha è molto più piccola dell'atomo scoperto dalla scienza di oggi. Il Buddha insegnò ai suoi discepoli che tutto ciò che esiste nell'universo, sia animato che inanimato, è formato di kalªpa, particelle molto più piccole dell'atomo, che scompaiono nel momento stesso in cui si formano. Ogni Kalªpa è una massa formata dagli otto costituenti basilari della materia, chiamati in Pª¡i Paîhavï, Åpo, Tejo, Vªyo, Vaôôa, Gandha, Rasa, Ojª, ossia solidità, coesione, temperatura e movimento uniti a colore, odore, sapore ed essenza nutritiva. I primi quattro elementi sono detti qualità primarie e sono predominanti nei kalªpa. Gli altri quattro elementi sono qualità secondarie che nascono e dipendono dalle qualità primarie. A livello fisico, un Kalªpa è la particella più piccola che esiste, ancora irraggiungibile dai mezzi scientifici del giorno d'oggi. è solo quando questi otto costituenti della materia (che hanno solo la caratteristica di comportamento) si uniscono, che l'entità di un Kalªpa (la particella più minuscola del piano fisico) si forma. In altre parole, la momentanea coesistenza di questi otto elementi di comportamento crea una massa, per un momento infinatamente breve, che nel Buddhismo viene chiamata un kalªpa.
La dimensione di un Kalªpa è 1/46656 di un particella di polvere sollevata da un carro durante l'estate in India. La durata dell'esistenza di un Kalªpa è un attimo, e ci sono mille miliardi di questi attimi nel batter d'occhio di un essere umano. Questi Kalªpa sono in uno stato di perenne cambiamento o flusso. Uno studente sviluppato nella pratica di Vipassanª li sentirà come una corrente di energia. Il corpo umano non è un'entità solida come potrebbe apparire, ma un flusso continuo di materia (Rûpa) che coesiste con la forza vitale (Nªma). Sapere che il nostro stesso corpo non è altro che un flusso continuo di minuscoli kalªpa, che esistono in uno stato di mutamento costante, significa conoscere la vera natura dell'impermanenza o decadimento. Questa impermanenza (Anicca), causata dalla continua dissoluzione e sostituzione di questi kalªpa, in uno stato di perenne combustione, deve per forza essere identificata con Dukkha, cioè la verità della sofferenza. è soltanto quando avrete esperienza di questa impermanenza (Anicca) come sofferenza (Dukkha) che sarete arrivati alla realizzazione della Verità della Sofferenza, la prima delle Quattro Nobili Verità, a cui l'Insegnamento del Buddha dà tanta importanza. Perchè? Perchè quando avrete compreso questa natura sottile del Dukkha, a cui non potete sfuggire nemmeno per un istante, proverete una tale paura, un tale disgusto e ripugnanza verso la vostra esistenza di mente e materia, che sarete forzati a cercare una via d'uscita che porti al di là di questa sofferenza e ultimamente alla fine di tutto il Dukkha. Potrete sperimentare questo stato senza sofferenza già in questa vita, se raggiungerete almeno il livello di un Sotªpanna, e se avrete sviluppato la vostra pratica al punto da raggiungere lo stato incondizionato di Pace Interiore del Nibbªna.
Per quanto riguarda la vita di tutti i giorni, una volta che sarete in grado di mantenere costante la consapevolezza di Anicca, scoprirete che dentro di voi state cambiando per il meglio, sia dal punto di vista fisico che mentale.
Prima di arrivare alla
vera e propria pratica della meditazione Vipassanª, cioè dopo
aver sviluppato il Samªdhi fino ad un sufficiente livello, uno studente
dovrebbe avere una conoscenza teorica di ciò che si intende per Rûpa
(materia fisica) e Nªma (mente e proprietà mentali). Se lo studente
ha ottenuto questa conoscenza teorica e ha raggiunto il giusto livello di
Samªdhi, e' possibile arrivare a conoscere il vero significato di Anicca,
Dukkha e Anattª, nel vero senso delle parole del Buddha.
Nel corso della meditazione Vipassanª non si contempla solamente la natura
mutevole (Anicca) della materia (Rûpa), ma anche l'impermanenza (Anicca)
della mente (Nªma) e del flusso mentale dell'attenzione rivolta verso
il processo di cambiamento della materia. Alcune volte l'attenzione sarà
concentrata solo sull'impermanenza della materia, Rûpa, altre volte
sull'impermanenza dei processi mentali, Nªma. Durante la contemplazione
dell'impermanenza di Rûpa, materia, ci si rende conto che i processi
mentali, che nascono simultaneamente a questa consapevolezza di Anicca di
Rûpa, o materia, sono anch'essi in uno stato di costante transizione
o cambiamento. In questo caso si dice che si sta comprendendo contemporaneamente
l'impermanenza, Anicca, di Rûpa e Nªma. Ciò che ho detto
finora riguarda la comprensione di Anicca attraverso le sensazioni fisiche
corporee, cioè la comprensione del processo di cambiamento di Rûpa,
o materia ed anche dei processi mentali che dipendono da questi cambiamenti.
Dovreste sapere che Anicca può essere sperimentata anche attraverso gli altri tipi di sensazioni e cioè:
1. dal contatto di una
forma visible con l'organo sensoriale dell'occhio
2. dal contatto di suono con l'organo sensoriale dell'orecchio
3. dal contatto di odore con l'organo sensoriale del naso
4. dal contatto di gusto con l'organo sensoriale della lingua
5. dal contatto di tatto con l'organo sensoriale del corpo
6. dal contatto di pensiero con l'organo sensoriale della mente
Si può sviluppare la comprensione di Anicca attraverso uno qualsiasi degli organi sensoriali. Tramite la pratica però abbiamo scoperto che, tra tutti i tipi di sensazioni, le sensazioni del continuo processo di cambiamento provenienti dal contatto del senso del tatto con le varie parti del corpo, offrono la maggiore opportunità per la meditazione introspettiva. Non solo, il contatto attraverso l'organo del tatto (come frizione, irradiamento e vibrazione dei kalªpa) è più evidente e tangibile degli altri tipi di sensazioni e quindi, per chi comincia la meditazione Vipassanª, è più facile arrivare alla comprensione di Anicca tramite le sensazioni fisiche corporee. Questo è il motivo principale per cui abbiamo scelto le sensazioni corporee come mezzo più veloce per arrivare alla comprensione di Anicca. Ognuno è libero di provare altri mezzi, ma il mio consiglio sarebbe di non usare altri tipi di sensazioni fino a che non siate ben sicuri della comprensione di Anicca attraverso le sensazioni fisiche corporee.
Nella meditazione Vipassanª ci sono dieci livelli di conoscenza:
1)Sammasana: la comprensione
teorica di Anicca, Dukkha e Anattª attraverso un'attenta osservazione
e analisi, ovviamente, teorica
2)Udayabbaya: la conoscenza del sorgere e del dissolversi di Rûpa e
Nªma.
3)Bhaóga: la conoscenza del mutamento estremamente veloce di Rûpa
e Nªma, sperimentato come una rapida corrente o un flusso di energia.
4)Bhaya: la consapevolezza di quanto sia terribile questa stessa esistenza.
5)Ådïnava: la consapevolezza che questa esistenza sia piena di
male.
6)Nibbidª: la comprensione di quanto disgustosa sia questa esistenza.
7)Muccitu-kamyatª: la consapevolezza della necessità urgente di
sfuggire a questa esistenza.
8)Paîisaókhª: la consapevolezza del fatto che è arrivato
il momento di applicarsi completamente per la propria liberazione, usando
come base la comprensione di Anicca.
9)Saókhªrupekkhª: la consapevolezza del fatto che si è
arrivati al punto in cui ci si può distaccare da tutti i fenomeni condizionati
(Saókhªra) e liberarsi dall'egocentrismo.
10)Anuloma: la conoscenza che accelererà il tentativo di raggiungere
la meta finale.
Questi sono i diversi livelli che una persona raggiunge tramite la pratica della meditazione Vipassanª. Nel caso di coloro che raggiungono la meta finale in breve tempo, questi livelli vengono riconosciuti solo in retrospettiva. Man mano che la comprensione di Anicca si sviluppa, lo studente di meditazione passa attraverso questi livelli, con l'aiuto, a certi livelli, di un maestro competente. Si dovrebbe evitare di pensare al raggiungimento di questi livelli, perchè ciò distrarrebbe dalla continua osservazione di Anicca, che è l'unica via per ottenere la meta desiderata.
Vorrei ora parlare della
meditazione Vipassanª dal punto di vista della vita quotidiana e descrivere
i benefici che ognuno può ricavare dalla meditazione in questa vita
presente. Il primo obiettivo della meditazione Vipassanª è quello
di attivare in se stessi l'esperienza di Anicca e di arrivare ad uno stato
di calma ed equilibrio, sia interiore che esteriore. Questo avviene quando
si è completamente assorti nell'osservazione di Anicca dentro se stessi.
L'umanità è in questo momento di fronte a gravi problemi che
la minacciano. è il momento giusto per tutti di intraprendere la meditazione
Vipassanª e di imparare a scoprire una profonda oasi di quiete nel mezzo
di tutto ciò che sta succedendo al giorno d'oggi. Anicca è all'interno
di ognuno. è alla portata di ognuno. Basta uno sguardo all'interno
di noi stessi ed ecco presente Anicca, che può essere sperimentato.
Quando si arriva a sentire Anicca, e quando ci si immerge nella contemplazione
di Anicca, è possibile allora, quando lo si desideri, distaccarsi dal
mondo esteriore delle idee. Anicca è per ognuno un tesoro prezioso
e indispensabile per creare una riserva di tranquillità ed equilibrio
interiore, che va a beneficio del proprio benessere e del benessere della
società. Questa esperienza di Anicca, se sviluppata correttamente,
colpisce alla radice i mali, sia fisici che mentali e rimuove gradualmente
tutto ciò che vi è di negativo, vale a dire le cause delle malattie,
sia fisiche che mentali.
Ai tempi del Buddha c'erano circa 90 milioni di persone a Sªvatthi e dintorni, nel regno di Pasenadi Kosala. Di questi, circa 50 milioni erano persone che avevano raggiunto almeno il livello di Sotªpanna. Per cui il numero di coloro che avevano intrapreso la meditazione Vipassanª deve per forza essere stato maggiore. L'esperienza di Anicca non è riservata per coloro che si sono ritirati dal mondo per seguire la vita monastica. è aperta anche alle persone che hanno casa e famiglia. Malgrado le difficoltà che causano agitazione nella vita di tutti i giorni, un maestro competente può aiutare uno studente ad attivare questa esperienza di Anicca in un tempo relativamente breve. Una volta che questa esperienza è attivata, tutto ciò che lo studente deve fare è cercare di conservarla, ma egli deve promettere a se stesso che, non appena si presenti l'occasione, si impegnerà per raggiungere lo stadio di Bhaóga, il terzo livello della conoscenza in Vipassanª. Se lo studente raggiunge questo livello, le difficoltà saranno molto minori, perchè a quel punto egli dovrebbe essere in grado di sentire Anicca senza particolare sforzo e quasi automaticamente. In questo caso Anicca diventerà la sua base a cui ritornare appena le necessità fisiche e mentali della vita quotidiana sono esaurite. Vi potranno essere comunque delle difficoltà per chi non ha ancora raggiunto il livello di Bhaóga; sarà come un tiro alla fune tra l'esperienza di Anicca e le attività fisiche e mentali all'esterno. Per cui, in questo caso, sarebbe appropriato che si seguissse il detto lavora mentre lavori e gioca mentre giochi. Non è necessario attivare Anicca in continuazione, basterà farlo nei momenti dedicati a questo proposito durante il giorno o la sera. Almeno durante questi periodi si dovrebbe tentare di focalizzare l'attenzione all'interno del corpo, con la consapevolezza rivolta esclusivamente verso la contemplazione di Anicca, vale a dire la consapevolezza di Anicca dovrebbe essere costante, di momento in momento, in modo da non lasciare spazio a pensieri che divagano e distraggono, perche ciò rappresenta un ostacolo al progresso della meditazione. Nel caso ciò non fosse possibile, bisogna ritornare l'attenzione sul respiro, per ristabilire un sufficiente livello di Samªdhi (concentrazione), che è la chiave per la comprensione di Anicca. Per raggiungere una buona concentrazione, è necessario che Silª sia perfetta, perchè Samªdhi si fonda su Silª. Per sperimentare correttamente Anicca, va sviluppato un livello sufficiente di Samªdhi. Se il livello di Samªdhi è eccellente, l'esperienza di Anicca sarà di conseguenza eccellente.
Non c'è una tecnica speciale per attivare l'esperienza di Anicca, eccetto l'uso della mente predisposta in uno stato di perfetto equilibrio con l'attenzione proiettata sull'oggetto di meditazione. In Vipassanª l'oggetto di meditazione è Anicca e quindi, nel caso di coloro che siano abituati a focalizzare l'attenzione sulle sensazioni fisiche del corpo, essi potranno sperimentare Anicca direttamente. Nella pratica dell'esperienza di Anicca nelle sensazioni corporee, si dovrebbe all'inizio provare con un'area (del corpo) dove si riesce facilmente a concentrare l'attenzione, per poi cambiare la zona di attenzione da un posto all'altro, dalla testa ai piedi e viceversa, a volte dirigendo l'attenzione verso l'interno. A questo punto deve essere inteso chiaramente che l'attenzione non va rivolta all'anatomia del corpo, ma direttamente al processo di formazione della materia, i Kalªpa, e alla natura del loro costante cambiamento. Se queste istruzioni verranno osservate, vi sarà senz'altro un progresso, ma la velocità di questo progresso dipenderà anche dalle qualità (Pªramï) dell'individuo e dall'impegno con cui egli si dedicherà alla meditazione. Se si raggiungono alti livelli di conoscenza, la capacità di comprendere le tre caratteristiche di Anicca, Dukkha e Anattª aumenterà di conseguenza e ci si avvicinerà sempre più alla meta, lo stato di Ariya, colui che ha sperimentato il Nibbªna, che ogni studente di meditazione Vipassanª dovrebbe avere sempre presente.
Questa è l'era
della scienza. L'uomo di oggi non ha utopie. Non accetterà niente a
meno che i risultati non siano positivi, visibili, concreti, personali e presenti.
Durante la sua vita il Buddha, fece il seguente discorso al popolo dei Kªlªma:
Ora ascoltate, Kªlªma. Non fatevi condurre fuori strada da racconti, tradizioni o da cose udite da altri. Non fatevi condurre fuori strada da quelli che hanno competenza nelle Scritture; nè dal ragionamento o dalla logica, nè avendo riflettuto e approvato alcune teorie; nemmeno perchè una teoria si accorda con le vostre inclinazioni, nè per rispetto per la reputazione di un maestro.
Ma quando invece sapete per esperienza personale: Queste cose non sono proficue, queste cose sono scorrette, queste cose sono criticate dalle persone intelligenti; queste idee, se sono osservate e messe in pratica, portano alla perdita e al dolore, allora abbandonatele. Ma se a un certo punto arrivate per esperienza personale a sapere: Queste cose sono proficue, sono corrette e sono lodate dalle persone intelligenti; queste idee quando sono messe in pratica portano benessere e felicità , allora, o Kªlªma, dovreste comportarvi di conseguenza e perseverare. è arrivato il momento della meditazione Vipassanª, cioè della rinascita della pratica del Dhamma predicato dal Buddha. Non abbiamo alcun dubbio riguardo ai risultati concreti che possono essere ottenuti da chiunque, con mente aperta e sincerità, segua un corso sotto la guida di un maestro competente. E con questo intendo risultati concreti, positivi, visibili, personali e presenti, risultati che lo renderanno sicuro, in uno stato di benessere e felicità per il resto della sua vita.
Che tutti gli esseri possano essere felici e che la pace prevalga nel mondo.
I benefici reali della vera meditazione buddhista
I.I fondamenti dell'essere un Buddhista
Un Buddhista è una persona che prende rifugio nel Buddha, nel Dhamma e nel Saógha.
Ci sono quattro tipi di Buddhisti:
1. Bhaya: Un Buddhista
a causa di pericolo
2. Labhª: Un Buddhista a causa di un bisogno di gratificazione
3. Kula: Un Buddhista per nascita
4. Saddhª: Un Buddhista per fede
Si possono anche dividere i Buddhisti in due classi, vale a dire:
1. Coloro che intendono
fare un tentativo per la liberazione in questa stessa vita.
2. Coloro che stanno solamente accumulando virtù (Pªramï)
allo scopo di diventare uno dei seguenti:
a) un Buddha.
b) un Pacceka Buddha (un Buddha che non insegna).
c) uno degli Agga-sªvaka(uno dei due Discepoli Principali).
d) uno degli 80 Mahª-sªvaka (Discepoli Maggiori).
e) un Arahat.
Per la realizzazione del voto di diventare un Buddha, un Pacceka Buddha, eccetera, il periodo di tempo necessario all'accumulo delle virtù è circa:
1. Per i Buddha che insegnano
a) un Viriyªdhika Buddha (che ha come fattore predominante l'energia):16
cicli mondani incalcolabili (asaókheyya, un'unità seguita da
140 zeri) più 100,000 cicli mondani (kappa).
b) un Saddhªdhika Buddha (che ha come fattore predominante la fede):
8 cicli mondani incalcolabili più 100,000 cicli mondani
c) un Paññªdhika Buddha (che ha come fattore predominante
la saggezza):4 cicli mondani incalcolabili più 100,000 cicli mondani.
2. Per un Pacceka Buddha: 2 cicli mondani incalcolabili più 100,000
cicli mondani.
3. Per un Agga-sªvaka: 1 ciclo mondano incalcolabile più 100,000
cicli mondani.
4. Per un Mahª-sªvaka: 100,000 cicli mondani.
5. Per un Arahat: da 100 a 1000 cicli mondani circa.
Quando una persona diventa un Buddhista, essa acquista il seme del Buddha-Dhamma, che dovrà sviluppare a seconda delle proprie capacità. Ogni Buddhista deve camminare sul Nobile Ottuplice Sentiero, al fine di raggiungere la meta del Nibbªna come un Buddha, un pacceka Buddha, un Agga-sªvaka, eccetera, a seconda di quel che ha scelto. Deve lavorare di persona per la realizzazione della sua aspirazione. Tra coloro che intendono fare un tentativo per la liberazione durante la presente esistenza, vi sono quattro tipi di individui:
1. Ugghaîitaññû
(che comprende rapidamente)
2. Vipancitaññû (che comprende necessitando una esposizione
più dettagliata
3. Neyya (che ha bisogno di essere istruito a lungo)
4. Padaparama (una persona che al massimo può arrivare allo studio
dei testi)
Una persona di tipo Ugghaîitaññû è un individuo che incontra il Buddha in persona e che è in grado di raggiungere il Nobile Sentiero e la Nobile Verità (Dhamma) semplicemente ascoltando un breve discorso. Una persona di tipo Vipancitaññû è un individuo in grado di ottenere gli stati di Sentiero e di Fruizione solo dopo che ha ricevuto l'esposizione di un discorso in un certo dettaglio.
Una persona di tipo Neyya è un individuo che non ha la capacità di raggiungere gli stati di Sentiero e di Fruizione tramite un discorso breve o lungo, ma che deve compiere uno studio degli insegnamenti e praticarne le istruzioni che vi sono contenute per un periodo di giorni, mesi od anni, allo scopo di ottenere gli stati di Sentiero e di Fruizione.
Rispondendo ad una domanda postagli da Bodhirªjakumªra il Buddha disse: Non posso dire esattamente quanto ci voglia per la completa realizzazione della Verità. Anche supponendo che voi rinunciate al mondo e diventiate parte dell'Ordine del mio Saógha, potreste impiegarci sette anii, o sei anni, o cinque anni, o due anni, o un anno, a seconda dei casi. O potrebbero essere sei mesi, o tre mesi, o due mesi. D'altra parte, non posso scartare la possibilità che si possa raggiungere lo stato di Arahat in quindici giorni, o in una settimana, o in un giorno o persino in meno di un giorno. Dipende da tanti fattori. Una persona di tipo Padaparama è un individuo che, pur avendo incontrato il Buddha Sªsana e pur avendo compiuto il massimo sforzo possibile, sia nello studio che nella pratica del Dhammma, non può ottenere gli stati di Sentiero e di Fruizione nel corso della presente esistenza. Tutto quello che può fare è accumulate qualità e potenzialità. Questo tipo di persona non può ottenere la liberazione dal Saêsªra (il ciclo di continua rinascita) durante la presente esistenza. Se essa muore mentre sta praticando [la meditazione] Samatha (tranquillità) per ottenere Samªdhi (concentrazione) o Vipassanª per ottenere Paññª (saggezza) e ottiene una rinascita come essere umano o come Deva nella sua esistenza successiva, potrà raggiungere gli stati di Sentiero e di Fruizione nel corso di quell'esistenza, durante il Buddha-Sªsana corrente, che è destinato a durare cinquemila anni dal passaggio del Buddha nel Mahª-pari-nibbªna. Si deve quindi assumere che solamente coloro che sono sufficientemente maturi nell'accumulo di virtù (Pªramï), come coloro che appartengono ai quattro tipi di individui che abbiamo descritto sopra, saranno inclini a fare un tentativo per la liberazione e a seguire seriamente corsi di meditazione buddhista. Come corollario a questo, dobbiamo dire che non abbiamo alcun dubbio che chiunque sia determinato a seguire con impegno e diligenza il Nobile Ottuplice Sentiero, tramite un corso di meditazione buddhista sotto la guida di un maestro competente, è un individuo dei tipi Neyya o Padaparama.
II. L'Essenza del Buddha-Dhamma
Il Buddha-Dhamma (l'insegnamento del Buddha) è sottile, profondo e difficile da comprendere. è solo seguendo con rigore e diligenza il Nobile Ottuplice Sentiero che si può
1. arrivare alla realizzazione
della Verità della Sofferenza
2. eliminare l'Origine della Sofferenza e di conseguenza
3. raggiungere la completa estinzione della Sofferenza.
Solo un santo realizzato, un Arahat, è in grado di comprendere completamente la Verità della Sofferenza. Quando questa verità della Sofferenza viene realizzata, le cause della Sofferenza vengono automaticamente distrutte e si arriva così alla completa estinzione della Sofferenza. La cosa più importante nel processo di comprensione del Buddha-Dhamma è la realizzazione della Verità della Sofferenza, attraverso un processo di meditazione, seguendo i tre passi di Sïla, Sªmadhi e Paññª del Nobile Ottuplice Sentiero. Il Buddha lo descrisse in questo modo: è difficile lanciare da lontano una freccia dopo l'altra attraverso uno stretto buco di serratura senza mai sbagliare un colpo. è ancora più difficile colpire e penetrare con la punta di un capello diviso cento volta, un altro capello diviso altrettante volte. Più difficile ancora è penetrare il fatto che ?Tutto questo è sofferenza.'
Colui che, tramite la pratica del Buddha-Dhamma ha raggiunto i quattro stadii di santità e ha ottenuto i quattro stati di Fruizione, può apprezzare i sei attributi del Dhamma:
1. Il Dhamma non è
il risultato di congetture o speculazioni, ma è il risultato di conseguimenti
personali ed è esatto in ogni suo aspetto.
2. Il Dhamma produce risultati benefici, qui ed ora, per coloro che lo praticano
secondo le tecniche sviluppate dal Buddha.
3. L'effetto del Dhamma sulla persona che lo pratice è immediato, in
quanto ha la capacità di eliminare le cause della sofferenza tramite
la comprensione della verità della Sofferenza.
4. Il Dhamma supera l'esame di chiunque abbia il desiderio di provarlo. Chi
lo pratica può comprendere di persona quali sono i suoi benefici.
5. Il Dhamma è parte di sè stessi ed è quindi suscettibile
di ogni tipo di investigazione.
6. I Frutti del Dhamma possono essere sperimentati completamente dagli otto
tipi di Nobile Discepolo:
a) colui che ha ottenuto
il primo Nobile Sentiero, detto Sotªpatti-magga, il Sentiero dell'entrata
nella Corrente.
b) colui che ha ottenuto il primo Nobile Stato di Fruizione, detto Sotªpatti-phala,
la Fruizione dell'entrata nella Corrente.
c) colui che ha ottenuto il secondo Nobile Sentiero, detto, Sakadªgªmï-magga,
il Sentiero del Singolo Ritorno.
d) colui che ha ottenuto il secondo Nobile Stato di Fruizione, detto Sakadªgªmï-phala,
la Fruizione del Singolo Ritorno.
e) colui che ha ottenuto il terzo Nobile Sentiero, detto Anªgªmï-magga,
il Sentiero del Non Ritorno.
f) colui che ha ottenuto il terzo Nobile Stato di Fruizione, detto Anªgªmï-phala,
la Fruizione del Non Ritorno.
g) colui che ha ottenuto il quarto Nobile Sentiero, detto Arahatta-magga,
il Sentiero dell'Emancipazione Finale.
h) colui che ha ottenuto il quarto Nobile Stato di Fruizione, detto Arahatta-phala,
la Fruizione dell'Emancipazione Finale.
III. Sul Sentiero (L'istruzione al Centro)
Chiunque voglia intraprendere un corso di istruzione in meditazione buddhista deve procedere lungo il Nobile Ottuplice Sentiero.. Questo Nobile Ottuplice Sentiero fu tracciato dal Buddha nel suo primo sermone rivolto ai cinque asceti (Pañca-vaggiyª), come il mezzo per raggiungere la meta, e l'unica cosa che lo studente deve fare è di seguire con rigore e diligenza i tre passi di Sïla, Samªdhi e Paññª, che formano l'essenza del Nobile Ottuplice Sentiero.
Sïla (I Precetti)
1. Retta parola
2. Retta Azione
3. Retta Sussistenza
Samªdhi (Tranquillità
della mente)
1. Retto Sforzo
2. Retta Attenzione
3. Retta Concentrazione
Paññª
(Saggezza, Chiara Visione)
1. Retta Contemplazione
2. Retta Comprensione
Sïla
Per osservare il primo passo, Sïla, lo studente dovrà mantenere un minimo standard di comportamento morale, osservando la promessa di astenersi dall'uccidere esseri senzienti, dall'appropriarsi di proprietà altrui, da una condotta sessuale impropria, dal dire falsità e dall'uso di alcool [e sostanze stupefacenti]. Io credo che questa promessa non sia dannosa per alcuna fede religiosa. Abbiamo anzi osservato buone qualità morali negli [studenti] stranieri che sono venuti al centro per un corso di meditazione e una promessa di questo tipo non creava loro alcuna difficoltà.
Samªdhi
Questo è il secondo passo, lo sviluppo del potere di concentrazione al livello di focalizzazione della mente su un solo punto. è un modo di insegnare alla mente a diventare tranquilla, pura e forte, e in questo senso forma l'essenza della vita religiosa, sia che uno sia un Buddhista, un Cristiano, un Ebreo, un Hindu, n Musulmano o un Sikh.
Esso è infatti il massimo comun denominatore di tutte le religioni. A meno che non si riesca a liberare la mente dalle impurità e svilupparla fino ad uno stato di purezza, non sarà possibile identificarsi con Brahmª o con Dio. Anche se persone di diverse religioni usano metodi diversi, l'obiettivo dello sviluppo della mente è lo stesso, vale a dire un perfetto stato di tranquillità fisica e mentale.
Aiutiamo gli studenti del centro a sviluppare il loro potere di concentrazione fino alla concentrazione acuta su un solo punto, incoraggiandoli a fissare la loro attenzione su un punto del labbro superiore, alla base del naso, sincronizzando il movimento di inspirazione ed espirazione con la silenziosa consapevolezza del respiro in entrata e in uscita. Sia che crediamo che l'energia vitale derivi da energie mentali (Saókhªra), che sono il risultato di azioni compiute in passato , come nel Buddhismo, sia che crediamo che la vita venga da Dio, come nel Cristianesimo, il suo segno è lo stesso, è il ritmo, la pulsazione, la vibrazione latente nell'uomo. La respirazione è infatti un riflesso di questo segno vitale. Nella meditazione Ånªpªna, (consapevolezza della respirazione) che viene praticata al Centro il grande vantaggio [della tecnica] è che il respiro non solo è una funzione naturale del corpo, ma è anche disponibile in ogni momento per fissarvi la propria attenzione ad esclusione di tutti gli altri pensieri.
Con uno sforzo deciso di restringere il raggio dei nostri pensieri, inizialmente sull'area attorno al naso, con la consapevolezza di ogni respiro e gradualmente, con le respirazioni che sempre diventano più corte, fissando l'attenzione su un punto sul labbro superiore con la sensazione del calore del respiro, non c'è motivo per cui uno studente di meditazione non debba riuscire ad ottenere questa focalizzazione su un solo punto dopo alcuni giorni di esercizio.
Ci sono sempre dei segnali che indicano che il progresso della meditazione sta procedendo nella direzione giusta, e questi segni hanno la forma di qualcosa di bianco, in contrapposizione a quasiasi forma nera. Hanno la forma di nuvole, o di batuffoli di cotone, e a volte sono forme bianche quali del fumo, o delle ragnatele, o la forma di un fiore o di un disco. Ma quando l'attenzione diventa più concentrata, essi appaiono come lampi o punti luminosi, o come una minuscola stella, come una luna o un sole. Se questi segni appaiono durante la meditazione (a occhi chiusi, naturalmente), questo significa che si sta ottenendo il Samªdhi. Quello che è essenziale, a questo punto, è che lo studente cerchi, dopo ogni pausa di riposo, di riacquistare il Samªdhi con il segno di luce il più repidamente possibile. Se lo studente è in grado di fare ciò, è pronto per essere istruito nella meditazione Vipassanª, per ottenere la chiara visione della Verità Ultima e godere della Grande Pace del Nibbªna. Se lo studente riesce a focalizzare la sua attenzione su un solo punto alla base del naso, con un minuscolo punto che rimane stazionario per un certo tempo, ancora meglio, poichè a quel punto lo studente ha raggiunto l'Upacªra Samªdhi, o Concentrazione di vicinanza. La mente è intrinsecamente pura, il Buddha disse. Viene contaminata assorbendo delle impurità [forze akusala, o forze impure o negative]. Nello stesso modo in cui l'acqua salata può essere distillata in acqua pura, così anche uno studente di Ånªpªna può arrivare infine a distillare le impurità della sua mente e raggiungere un perfetto stato di purezza mentale.
Paññª
Paññª significa chiara visione di quello che in natura è realmente vero, e questo viene realizzato solo quando uno ha ottenuto gli Stati del Nobile Sentiero (Magga) ed ha goduto dei Frutti (Phala) dei suoi sforzi nella Meditazione Buddhista. La meditazione è inseparabile dallo sviluppo del potere della mente, diretto al Samªdhi, e dall'intimo studio di quel che è reale in natura, diretto alla realizzazione della Verità.
Quando lo studente ha raggiunto un certo livello di Samªdhi, preferibilmente Upacªra Samªdhi, il corso di istruzione viene cambiato e diretto alla Vipassanª, o Chiara Visione. Questo richiede l'uso della potente lente del Samªdhi che è stato sviluppato e consiste in un esame delle tendenze inerenti a tutto ciò che esiste dentro il sè di ognuno. Lo studente viene istruito a diventare sensibile ai processi che avvengono continuamente nel suo stesso organismo, che , in altre parole, sono le reazioni sub-atomiche che hanno luogo costantemente in ogni essere vivente. Quando lo studente diventa assorto in queste sensazioni, che sono prodotto della natura, arriva alla realizzazione, dal punto di vista fisico e mentale, della Verità che il suo intero essere fisico non è altro che una massa in costante mutamento. Questo è il concetto di Anicca, che è fondamentale nel Buddhismo ? la natura del costante mutamento che ha luogo costantemente in tutto quello che esiste nell'Universo, sia animato che inanimato. Il corollario di questo è il concetto di Dukkha ? la natura inerente di dolore o sofferenza ? che viene identificata con la vita stessa. Questo è vero perchè l'intera struttura di un essere è composta di particelle sub-atomiche (in Buddhismo, kalªpa), che sono tutte in uno stato di perenne combustione. Il concetto finale è quello di Anattª. Chiamiamo sostanza o essenza qualsiasi cosa che ci appare essere una sostanza o essenza. In realtà niente di tutto ciò esiste. Con il progresso della meditazione, lo studente arriva a realizzare che non c'è alcuna sostanzialità nel suo cosiddetto sè e che non esiste alcuna cosa che può essere identificata come il centro del suo essere. Alla fine lo studente arriva a distruggere il suo ego-centralismo dentro di sè, per quanto riguarda sia la mente che il corpo. Emerge allora dalla sua meditazione con una nuova prospettiva ? che manca di un ego e di un sè ? consapevole del fatto che qualunque cosa che ha luogo in questo Universo è soggetta alle leggi fondamentali di causa ed effetto. è consapevole con il suo occhio interiore della natura illusoria [della sua percezione] di un sè separato.
IV. I Frutti della Meditazione.
I frutti della meditazione sono impossibili da contare. Essi sono esposti nel discorso sui vantaggi della vita da monaco, il Sªmañña-phala Sutta. Lo scopo specifico di diventare monaco è quello di seguire con rigore e diligenza il Nobile Ottuplice Sentiero, non solo per godere degli Stati di Fruizione (Phala) dei diversi livelli di liberazione (Sotªpatti, Sakadªgªmï, Anªgªmï e Arahat, ma anche per sviluppare molte altre capacità. Anche un laico che intraprende la meditazione per ottenere una profonda comprensione della Verità Ultima deve lavorare nello stesso modo e, se possiede buone potenzialità, potrà anch'egli godere di una parte di quei frutti e di quelle capacità.
Solo coloro che intraprendono la meditazione con la giusta intenzione possono essere certi del successo. Con lo sviluppo della purezza e del potere della mente, sostenuti dalla comprensione profonda della Verità Ultima della natura, un uomo potrà fare molte cose nella giusta direzione a beneficio dell'umanità intera. Il Buddha disse, Monaci, sviluppate il potere della concentrazione. Colui che ha sviluppato il potere della concentrazione vede le cose nella loro vera prospettiva.
Questo è vero di
una persona che ha sviluppato il Samªdhi. Ma è ancor più
vero nel caso di colui che è sviluppato non solo in Samªdhi, ma
anche in Paññª (saggezza o comprensione profonda). è
credenza diffusa che un uomo, il cui potere di concentrazione sia buono e
che possa disporre di un perfetto equilibrio mentale a volontà, possa
conseguire risultati migliori di un altro che non è così sviluppato.
Ci sono perciò molti vantaggi che si accumulano a favore di chi abbia
seguito con successo un corso di meditazione, sia che si tratti di un uomo
religioso, di un funzionario, di un politico, di un uomo d'affari o di uno
studente. Posso citare come esempio il mio caso. Se devo a questo punto parlare
di me stesso, lo faccio per nessun'altra ragione che con il sincero desiderio
di illustrare quali siano i benefici riceve una persona che pratica la meditazione
Buddhista. Gli eventi che vi racconto sono accaduti e non si possono negare
i fatti. Ho cominciato a meditare seriamente nel 1937. La breve biografia
che è apparsa nel Guardian Magazine nel Dicembre 1961 fa una lista
dei compiti e delle responsabilità governative che ho coperto nel corso
della mia carriera. Mi sono ritirato dal serivzio governativo il 26 Marzo
1953, quando ho raggiunto l'età di cinquantacinque anni, ma sono stato
ri-assunto dal quel giorno fino ad oggi in varie capacità, ricoprendo
per la maggior parte del tempo due o più cariche contemporaneamente
al livello di Capo di dipartimento. Per un periodo di quasi tre anni ho ricoperto
tre diverse cariche, ognuna delle quali era equivalente a Capo di Dipartimento,
in un'altra occasione ricoprii quattro simili incarichi per circa un anno.
Inoltre avevo un numero di incarichi straordinari, come membro di Comitati
che facevano parte del Dipartimento del Primo Ministro o Comitati di Strategia
nazionale, o come presidente o membro di Comitati speciali. La dottoressa
E.K. Nottingham, nel suo articolo Buddhist Meditation in Burma fece questa
domanda: è possibile che la meditazione possa aiutare a creare una
riserva di energia calma ed equilibrata da usarsi per la costruzione di uno
?stato di assistenza socialè e come baluardo alla corruzione nella
vita pubblica? A questa domanda io risponderei senz'altro di sì. E
dico questo con convinzione, perchè i successi ottenuti in tutti questi
ambienti di lavoro furono eccezionali, malgrado il fatto che ognuno degli
incarichi, quali quello di Direttore della ragioneria generale dello Stato,
di presidente dell'Ente nazionale per il commercio agricolo o di rettore dell'Istituto
Governativo di ragioneria, sarebbe stato molto impegnativo anche per un funzionario
governativo di grande esperienza.
Fui nominato Direttore della ragioneria generale il 11 Giugno 1956, con la
rsponsabilità di riorganizzare il dipartimento, che era stato istituito
il 4 Ottobre 1955, con un personale di sole cinquanta persone e che conteneva
solo tre contabili qualificati.
Il problema era di riorganizzare il consiglio di amministrazione del dipartimento, migliorando il grado di efficienza in modo da poter far fronte all'immenso lavoro di registrazione di tutte le pratiche commerciali dei nuovi enti e ministeri che stavano sorgendo in Birmania, il cui totale giro di affari ammontava circa a millecinquecento e milleottocento milioni di kyat nel 1955 e 1956 rispettivamente. Solo dieci giorni dopo aver ricevuto quella nomina, il 21 Giugno 1956 fui anche nominato presidente dell'Ente nazionale per il commercio agricolo, con l'incarico di sistemare i suoi affari, che a quel tempo stavano andando di male in peggio; la contabilità era indietro di cinque anni, il surplus di riso ammontava a 1.7 milioni di tonnellate alla fine dell'anno precedente e il prezzo di mercato del riso era sceso da 5/860 per tonnellata nel 1953 a 5/834 per tonnellata nel 1956. C'erano anche problemi interni di discordia tra i funzionari e gli impiegati di livello inferiore.
Nel 1958, su raccomandazione della commissione di inchiesta del ministero (presieduta dal Primo Ministro) di cui ero membro, venne deciso di fondare un Istituto Governativo di Istruzione in Ragioneria. La Birmania a quel tempo mancava quasi completamente di contabili e ragionieri e a causa di ciò i conti degli enti e dei ministeri, ad eccezione di due organizzazioni già esistenti prima della guerra, erano gravemente in arretrato (tra i due e i quattro anni); vennero inoltre scoperte un gran numero di irregolarità. Di conseguenza, oltre ai due precedenti incarichi, mi venne affidata la responsabilità di fondare questo Istituto Statale di Ragioneria, il cui scopo era quello di istruire i funzionari e gli impiegati di tutti gli enti statali e dei ministeri. Il mio ruolo di rettore dell'Istituto ebbe inizio il 1 Aprile 1958 per quanto concerne il lavoro di preparazione, mentre l'Istituto stesso venne formalmente istituito dal Primo Ministro il 11 Luglio 1958. I risultati ottenuti illustrano perfettamente quanta riserva di calma e di energia si possa creare con la meditazione buddhista per poi usarla per la costruzione di quello che si dice welfare state.
V. Rapporti umani
L'atteggiamento mentale verso la vita varia a seconda che uno sia un Buddhista che intende fare un tentativo per la liberazione in questa stessa esistenza o uno che sta accumulando qualità allo scopo di coronare il suo voto di diventare un Buddha. Per esempio, Rªjagaha e Sªvatthi erano i due luoghi principali di residenza del Buddha durante la sua vita. Rªjagaha era la capitale del regno del re Bimbisªra, che aveva fatto un tentativo per la liberazione ed aveva raggiunto il primo Nobile Sentiero ed era diventato di conseguenza un Ariya. Egli era molto devoto verso il Buddha ed aveva fatto costruire un magnifico monastero, il monastero di Ve¡uvana, per il Buddha e i suoi discepoli. Concedeva la grazia a tutti coloro che, avendo commesso dei crimini, fossero entrati nell'Ordine del Saógha del Buddha. Era detto re Abhaya, ossia il re che non fa del male. Non faceva del male a nessuno di persona ed evitava di incoraggiare gli altri a far del male. Il suo potere di amministrazione risiedeva nel suo amore per l'umanità.
Dall'altra parte, Sªvatthi
era la capitale di Kosala, dove era re Pasenadi. Anche lui era molto devoto
verso il Buddha. Il Buddha visse a Sªvatthi più che in qualsiasi
altro luogo. Questo re Pasenadi stava accumulando qualità con lo scopo
di diventare un Buddha, e nonostante il fatto che egli cercasse sempre in
tutti i modi di evitare di far del male agli altri, quando le circostanze
lo richiedevano, era pronto a sopportare personalmente le conseguenze di azioni
necessarie a salvare coloro che dipendevano da lui. Una volta fece visita
al monastero del Buddha, mentre stava ritornando a palazzo dopo aver sconfitto
il nemico in una battaglia ai confini del suo regno. Aveva condotto il suo
esercito in battaglia per salvare il suo regno e il suo popolo dagli invasori
e se avesse fallito i suoi concittadini avrebbero patito torture e gravi maltrattamenti.
Quando raccontò al Buddha della sua vittoria sul nemico il Buddha sorrise
e gli disse, Hai creato più nemici di quanti ne avessi prima di qeusta
battaglia. Da questo possiamo capire che coloro che stanno accumulando qualità
a volte non possono fare a meno di commettere degli atti che potrebbero condurli
in piani di esistenza inferiori a quello umano e di conseguenza sono pronti
a soffrire di persona per atti compiuti per il bene dell'umanità A
proposito di come la benevolenza rafforzata con il potere della Verità
possa ottenere tangibili risultati nel dominio dei rapporti umani, vorrei
citare alcune delle mie esperienxe personali.
Una volta fui incaricato dal primo Ministro di indagare sulle molte irregolarità
che si sospettavano all'interno dell'Ente nazionale per il commercio agricolo
e venni di conseguenza nominato presidente della Commissione di inchiesta
il 15 Agosto 1955. I rapporti che io presentai al governo portarono ad ulteriori
indagini da parte delle autorità dell'ufficio speciale di investigazione
e queste indagini condussero all'arresto di quattro membri del consiglio di
amministrazione dell'Ente, compreso il direttore generale, durante una seduta
del consiglio stesso. Questi arresti infuriarono i funzionari presenti alla
conferenza che essi diedero le dimissioni in massa creando un impasse. La
situazione venne ulteriormente aggravata quando il sindacato de lavoratori
dell'Ente si schierò dalla loro parte durante la riunione nazionale
che si tenne a Pegu. Il governo aveva deciso di accettare le dimissioni dei
funzionari e questa decisione aveva turbato la maggior parte di loro, che
avevano fatto quel passo senza grande convinzione. Alla fine, in seguito a
delle trattative da parte di terzi, essi ritirarono le loro dimissioni e si
sottomisero al volere del governo, ricevendo una sanzione simbolica.
Fu in questa atmosfera che io divenni presidente dell'Ente nazionale per il commercio agricolo, prima di avere la possibilità di dimenticare gli slogan che denunciavano la commisione di inchiesta e l'ufficio speciale di investigazione. Io comunque non provavo alcun risentimento nei confronti di nessuno, poichè avevo lavorato nell'interesse del paese ed ero sicuro che sarei riuscito a convincerli di aver accettato l'incarico di presidente dell'Ente per cercare di rimediare alla situazione dell'Ente stesso e del paese in quel momento difficile e con l'impegno a migliorare il rendimento e il benessere degli impiegati e delle altre persone connesse agli affari dell'Ente. In effetti, dopo alcune riunioni con i rappresentanti dei vari comitati, potrei dire di essere riuscito a rovesciare la situazione. I funzionari e gli impiegati si trovavano di nuovo d'accordo e c'era coordinamento fra l'Ente e i mugnai e gli altri commercianti. Furono progettati nuovi sistemi e vennero introdotte tecniche migliori. I risultati furono superiori ad ogni aspettativa Questi risultati sono già stati menzionati nel capitolo intitolato I Frutti della meditazione.
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